Dizionario di retorica - Livros LabCom - UBI
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120 <strong>Dizionario</strong> <strong>di</strong> <strong>retorica</strong><br />
CONTENITORI”; “LA COMUNICAZIONE È L’ATTO DI SPEDIRE<br />
QUALCOSA”. In questi casi la metafora non è questione <strong>di</strong> sole parole:<br />
essa struttura anche il modo in cui agiamo, ad esempio il nostro modo<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere. Accanto alle metafore strutturali incontriamo le metafore<br />
<strong>di</strong> orientamento, che strutturano interi sistemi <strong>di</strong> concetti e che hanno<br />
a che fare con l’orientamento spaziale (ad es.: BUONO È SU). Con le<br />
metafore spaziali acquista importanza il ruolo del corpo perché esse sono<br />
basate sull’esperienza corporea e culturale. Le metafore ontologiche<br />
riguardano invece l’esperienza degli oggetti fisici e delle sostanze che<br />
vanno al <strong>di</strong> là dell’orientamento spaziale: in questo caso le esperienze<br />
con oggetti fisici danno la possibilità <strong>di</strong> strutturare molti concetti che<br />
riguardano eventi, emozioni o attività. Le metafore <strong>di</strong> questo tipo sono<br />
moltissime. Si possono menzionare le metafore <strong>di</strong> entità e <strong>di</strong> sostanza,<br />
quelle che implicano una concettualizzazione <strong>di</strong> esperienze come contenitori<br />
(ad esempio il campo visivo è un contenitore), e le metafore <strong>di</strong><br />
personificazione. Lakoff e Johnson considerano ad esempio, rispetto al<br />
primo tipo, l’insieme <strong>di</strong> metafore riconducibili alla metafora ontologica<br />
“LA MENTE È UN’ENTITÀ”. Collegate a questa troviamo espressioni<br />
che ci <strong>di</strong>cono che la mente è una macchina come “la mia testa oggi<br />
non funziona”, “Oggi sono un po’ arrugginito”; espressioni che si riferiscono<br />
alla mente come un oggetto fragile; ad esempio “sto andando<br />
a pezzi”, “ha ceduto sotto interrogatorio”. Metafore come queste sono<br />
molto comuni e vengono considerate ovvie.<br />
Il modello base <strong>di</strong> Lakoff e Johnson ha avuto <strong>di</strong>versi sviluppi. Uno<br />
dei più interessanti è quello proposto da Grady et al. (1999, “Blen<strong>di</strong>ng<br />
and Metaphor”, in R. W. Gibbs, G.J. Steen (eds.), Metaphor in Cognitive<br />
Linguistics, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins) i quali, sulla base<br />
della nozione <strong>di</strong> blen<strong>di</strong>ng <strong>di</strong> Fauconnier e Turner (1996, “Blen<strong>di</strong>ng<br />
as a Central Process in Grammar”, in A.E. Goldberg (ed.), Conceptual<br />
Structure, Discourse and Language, CSLI Publications, Stanford<br />
(CA)), hanno sostenuto che una metafora probabilmente più che mettere<br />
in corrispondenza due domini <strong>di</strong>versi, tende a mescolarli. Proprio<br />
questa mescolanza è l’aspetto vitale delle metafore.<br />
metalèpsi o metalèssi [s.f.] Si ha quando il traslato che sostituisce un termine<br />
è prodotto da passaggi impliciti tra più nozioni che stanno l’una<br />
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