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<strong>Journal</strong> <strong>of</strong> <strong>Italian</strong> <strong>Translation</strong><br />
nessuno è mai riuscito a modificarli e dunque non è su ciò che si<br />
gioca la partita, piuttosto su quanto di senso e di suono rimane<br />
nell’alchimia del travaso. Se il traduttore è ispirato, se è entrato nel<br />
mondo del poeta che sta traducendo, allora molte cose andranno<br />
da sé, troveranno una loro espressione senza troppe difficoltà e<br />
con esiti convincenti anche sul piano del confronto tra testo e testo<br />
originario e nuovo testo. Se invece il traduttore si metterà a costruire<br />
a freddo, come un vasaio, senza convinzione e partecipazione, il<br />
risultato sarà meramente linguistico, privo della realtà di partenza<br />
che dovrebbe essere rispettata e resa nel suo insieme. Le versioni<br />
scolastiche si assembrano in questa direzione, sono esercitazione<br />
per imparare e appr<strong>of</strong>ondire il dizionario della lingua originaria,<br />
ma non tentano corde poetiche, non si alzano di un millimetro dal<br />
suolo, non sono attente al canto, alla melodia, al senso nascosto<br />
che vive misteriosamente nelle parole e nelle espressioni. In questa<br />
specie di fosso grigio e opaco ci sono caduti anche eccellenti critici<br />
e scrittori di vaglio: si pensi alle traduzioni di Proust fatte da Fortini<br />
e dalla Ginzburg, o a quelle di Lorca fatte da Caproni, Sciascia,<br />
Macrì e Vittorini. C’è di più, alcuni testi funzionano tradotti in<br />
alcune lingue e in altre assolutamente no, si veda il caso di Brodskij<br />
che in italiano ha una povera resa (e non per colpa del traduttore)<br />
e in inglese invece trova una buona resa, anzi ottima.<br />
Sentiremo di continuo imprecare pr<strong>of</strong>essoroni contro chi ha<br />
trascurato un particolare traducendo, e dimenticano che chi traduce<br />
come creatore del creatore compie, anzi ricompie, un percorso<br />
straordinario dentro sfere magiche e irripetibili nel loro movimento.<br />
Io ho amato la traduzione dell’Iliade del Monti, gran traduttore dei<br />
traduttori di Omero, e sono riuscito a entrare in un’anima, in un<br />
mondo, in una visione etica ed estetica. Poi ho letto altre traduzioni,<br />
ma sinceramente, per quanto filologicamente perfette (perfette<br />
comunque in che senso?), come quella di Rosa Calzecchi Onesti,<br />
non sono stato preso, aggiogato, spinto nel vortice delle vicende e<br />
nei sentimenti degli eroi. Erano vicende d’altri, non mie, e Monti<br />
invece me ne assegnava parecchie come patrimonio mio genetico,<br />
come possibilità del vivere.Si potrà dissertare a lungo sul metro<br />
come metessi, sulla chiave che deve essere sottesa prima di proporsi<br />
ad una traduzione, sul tono, sul ritmo, sulla rima, sulla filologia,<br />
ma non si riuscirà mai a capire il fenomeno che sempre mi ha fatto<br />
pensare e che in parte ho trovato chiarito ne Il compito del traduttore<br />
di Walter Benjamin, saggio inserito nel volume Angelus Novus.<br />
Come mai traduzioni frettolose, abborracciate e spesso