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250<br />

<strong>Journal</strong> <strong>of</strong> <strong>Italian</strong> <strong>Translation</strong><br />

della finestra. Di notte o mattina,<br />

è lo stesso: l’immota cucina<br />

che l’anziana ogni tanto anima<br />

ingoiando minestra da un cucchiaio,<br />

le dita a mietere atomi di pane.<br />

O la donna che str<strong>of</strong>ina per ore<br />

i sanitari, finché si allunga spossata<br />

sotto la nube azzurra dello schermo.<br />

O la più giovane, che allo specchio,<br />

prima di dormire, indossa intero<br />

il proprio guardaroba, solitaria.<br />

Di qua stanno i limoni.<br />

Un mucchio, nel piatto afgano,<br />

pronti a cader fuori. Deformi,<br />

grandi come patate, con l’adesivo<br />

Duck e il marchio registrato<br />

sulla scorza rugosa. Li ha venduti<br />

il magrebino più a buon mercato.<br />

Li beve lei, per ogni evenienza,<br />

con acqua fredda o calda, per niente,<br />

per sicurezza, salute. Io colgo<br />

le loro bucce deformi, strizzate,<br />

guardo nei vani dov’era il succo,<br />

guardo il loro piccolo vuoto<br />

negli occhi.<br />

Testi inediti<br />

Colonna di ciechi<br />

una strada che si guarda di giorno e di notte,<br />

di cui si beve ogni spostamento d’ombre,<br />

in ogni stagione, con lampi di segnaletiche<br />

e fari, figure sbandate lungo i cancelli, bambini<br />

che cercano il sasso e il petto tenero dell’animale,<br />

quelli chinati nelle poltiglie di foglie, quelli veloci<br />

che chiudono con mani di fata silenziose portiere,<br />

nei colpi continui della luce a illuminare le gole,<br />

le gengive nude, e le teste molli in quella fiamma<br />

che cercano riparo, assorbendo nei pensieri l’asfalto<br />

finché verrà il tempo di camminarci da ubriaco,<br />

con sporte a tracolla, lacerate, perdendo<br />

pallottole di calze, scatole di latta, pupazzi<br />

dal capo scotennato, camminarci a vita

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