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Book Reviews<br />

263<br />

tentare una nuova versione delle Sacre Scritture” (p. 125) e ad aver<br />

inserito tra le lingue del buon umanista l’ebraico e l’aramaico, accanto<br />

al greco e al latino (ibid.).<br />

Con Manetti si conclude l’ “Iter Italicum” del libro di Baldassarri,<br />

che invece nella seconda parte, Alia itinera, tocca prima l’Inghilterra<br />

di John Trevisa, con il suo Dialogue between a Lord and a Clerk upon<br />

<strong>Translation</strong> (1387), e poi la Francia di Pierre-Daniel Huet con il suo<br />

De interpretatione (1661; ed. ampliata 1683). Con Trevisa siamo nel<br />

contesto dei traduttori biblici della cerchia di Wycliff e di altri testi<br />

filos<strong>of</strong>ico-religiosi in bilico fra ortodossia ed eresia; in ogni caso si<br />

tratta di un intellettuale di punta, per alcuni secondo solo a Chaucer<br />

nel contesto letterario inglese pre-rinascimentale. L’attenzione di<br />

Baldassarri qui si concentra sulla traduzione in inglese di Trevisa<br />

del Polychronicon di Ralph Hidgen, “una delle più fortunate<br />

compilazioni medievali” (p. 133), di cui il Dialogue costituisce la<br />

Premessa. Accanto al Dialogo fra un lord e un chierico, Baldassarri<br />

traduce in Appendice la lettera dedicatoria di John Trevisa alla sua<br />

versione, in cui chiarisce gli obiettivi e i destinatari di questo lavoro,<br />

insieme alla sua necessaria duttilità che deve includere la traduzione<br />

“word for word”, così come una traduzione sintatticamente e<br />

lessicalmente meno fedele, in cui però “il significato originario<br />

resterà immutato” (p.243).<br />

Tre secoli più tardi appare il dialogo ciceroniano De<br />

interpretatione di Huet, in cui per mezzo delle tesi qui sostenute dal<br />

Casaubon traduttore di Polibio, Huet si oppone decisamente alla<br />

moda delle “belles infidèles”, richiamando, sulla scia di Erasmo e degli<br />

umanisti fiorentini, l’importanza del rispetto ‘filologico’per il testo<br />

originario, in particolare se si tratta di testi classici e ancor più biblici.<br />

Con la giusta osservazione di Baldassarri su una possibile ricerca<br />

futura, sicuramente stimolante, sull’influenza delle tesi di Huet sulle<br />

teorie e pratiche della traduzione nel Settecento italiano, si chiude<br />

la seconda parte del volume. A questa seguono un’Appendice sulle<br />

Principali fonti traduttologiche della letteratura classica e patristica, con<br />

brevi ma utilissime notizie e versioni, a fini didattici, dai più<br />

importanti autori pre-moderni interessatisi a teoria e prassi della<br />

traduzione, da Cicerone a Sant’Agostino, e infine un’Appendice<br />

antologica che include tutti i testi analizzati nel volume, dalla novella<br />

boccacciana con annessa trasposizione petrarchesca ai testi di<br />

Trevisa e Huet, passando per Bruni e Manetti, con versioni e note<br />

critico-filologiche dello stesso Baldassarri. Altrettanto preziosa, e<br />

non solo per i più ampi obiettivi didattici, l’aggiornatissima

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