Progetto HIGHEST - Relazione Finale - Museo Tridentino di Scienze ...
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Inquadramento vegetazionale della Val de la Mare<br />
In Val de la Mare il limite superiore della vegetazione arborea si trova a circa 1800‐2000 m s.l.m.<br />
Tale vegetazione è costituita dalla Pecceta subalpina, composta prevalentemente da abete rosso<br />
(Picea excelsa), rare betulle (Betula alba) e, a partire da 1600 m s.l.m., pini cembri (Pinus cembra).<br />
Al <strong>di</strong> sopra dei 1750 m s.l.m., larici (Larix decidua) e cembri si sostituiscono all’abete rosso e a<br />
quote elevate (fino a 2300‐2400 m s.l.m.) crescono in forma arbustiva, soprattutto in<br />
microambienti protetti e ben esposti al sole. Mentre all’aumentare della quota il bosco <strong>di</strong>viene<br />
sempre più rado, il sottobosco si arricchisce <strong>di</strong> arbusti quali il rododendro (Rhododendron<br />
ferrugineum), l’ontano verde (Alnus viri<strong>di</strong>s), le lonicere (Lonicera nigra, L. caerulea), il sambuco<br />
(Sambucus racemosa), il ginepro (Juniperus nana) e i salici (Salix erbacea, Salix helvetica). Nella<br />
conca <strong>di</strong> Malga Mare si trovano spora<strong>di</strong>camente anche Sorbus aucuparia e Alnus viri<strong>di</strong>s,<br />
quest’ultimo abbondante sul conoide terminale del Rio Vedretta Rossa. In Pian Venezia è presente<br />
anche un’estesa torbiera acidofila <strong>di</strong> tipo fontinale dove abbondano le Ciperacee (associazione<br />
Caricetum fuscae).<br />
Scheda 2<br />
La fauna vertebrata del Parco Nazionale dello Stelvio con particolare riferimento all’alta Val de<br />
la Mare<br />
<strong>di</strong> Luca Pedrotti<br />
A parte qualche ridotta area coperta da vegetazione arborea (larici ‐ cembrete, ontanete), la<br />
maggior parte del territorio dell’alta valle è costituito da rocce, rupi e ghiacciai, accanto ad<br />
un’ampia porzione <strong>di</strong> pascoli. La fauna vertebrata terrestre presente è dunque quella tipica degli<br />
ambienti alpini, molto caratteristica, sebbene poco <strong>di</strong>versificata. Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita a queste<br />
quote sono infatti estremamente <strong>di</strong>fficili e non molte specie riescono a sopravvivere sfruttando le<br />
scarse risorse <strong>di</strong>sponibili nell’intero corso dell’anno. Improvvise e cospicue variazioni termiche,<br />
vento forte, aria rarefatta (quin<strong>di</strong> basse concentrazioni <strong>di</strong> ossigeno), lunghi inverni con<br />
temperature molto rigide e abbondanti precipitazioni nevose, con manto persistente per molti<br />
mesi all’anno, scarsa <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> cibo, sono solo alcune delle <strong>di</strong>fficoltà che gli animali devono<br />
affrontare (o saper aggirare) per occupare questi ambienti.<br />
Vi troviamo così specie opportuniste, ad ampio spettro ecologico, con ottime capacità <strong>di</strong><br />
adattamento, specie che fanno fronte alla scarsità <strong>di</strong> cibo invernale con <strong>di</strong>verse strategie, come la<br />
migrazione, e specie più stenoecie, che si sono evolute proprio in ambienti con le caratteristiche<br />
restrittive sopra elencate e che perciò presentano gli adattamenti più specifici a temperature<br />
rigide e manto nevoso persistente. Numerosi sono infatti i cosiddetti “relitti glaciali”, le specie cioè<br />
che si sono originate negli ambienti fred<strong>di</strong> <strong>di</strong> Europa del nord o America settentrionale e che, dopo<br />
aver ampliato la propria <strong>di</strong>stribuzione nei perio<strong>di</strong> glaciali, spinte a sud dall’avanzamento del clima<br />
rigido, hanno dovuto seguire il percorso inverso durante gli interglaciali, seguendo questa volta la<br />
fusione progressiva dei ghiacci. Alcune popolazioni sono però riuscite a sopravvivere alle latitu<strong>di</strong>ni<br />
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