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Progetto HIGHEST - Relazione Finale - Museo Tridentino di Scienze ...

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La Val de la Mare offre vaste aree idonee al camoscio, in grado <strong>di</strong> sostenere densità <strong>di</strong> popolazione<br />

tra gli 8 e 13 in<strong>di</strong>vidui per km 2 . La conca dell’alta Val de la Mare ospita attualmente durante<br />

l’estate dai 250 ai 300 camosci (9‐11 capi/km2). In estate i maschi, tendenzialmente più solitari, si<br />

<strong>di</strong>vidono l’area posta ai limiti superiori del bosco tra i 1.800 e i 2.300 metri. I gruppi <strong>di</strong> femmine e<br />

piccoli, solitamente numerosi e che possono raggiungere il centinaio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui, occupano i vasti<br />

piani e le conche glaciali poste sotto la vedretta del Careser, tra i 2.300 e i 2.800 m <strong>di</strong> quota.<br />

Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo spostamento estivo della popolazione verso quote<br />

sempre più alte. I maschi adulti, che sino a pochi anni fa occupavano prevalentemente il limite<br />

superiore della vegetazione arborea dei lariceti, ora si <strong>di</strong>stribuiscono abbondantemente al <strong>di</strong> sopra<br />

<strong>di</strong> tale limite. Questo fenomeno è testimoniato dal netto aumento delle densità relative estive<br />

riferite all’area dell’alta Val de la Mare, le cui quote inferiori sono poste attorno ai 1950 m e<br />

potrebbe essere un primo sintomo <strong>di</strong> interazione spaziale con il cervo, che nell’ultimo decennio ha<br />

progressivamente (e sempre più consistentemente) cominciato ad utilizzare durante la fase estiva<br />

le prateria <strong>di</strong> alta quota e i macereti, in alcune zone sino ai 2800 metri <strong>di</strong> quota.<br />

Al contrario <strong>di</strong> quanto è sinora avvenuto nel caso del cervo, nella fase terminale della sua<br />

espansione demografica, il capriolo (Capreolus capreolus) ha subito da oltre un decennio un netto<br />

calo demografico. Al momento non sono <strong>di</strong>sponibili stime <strong>di</strong> popolazione su basi atten<strong>di</strong>bili;<br />

tuttavia le frequenze <strong>di</strong> osservazione si sono via via notevolmente ridotte, soprattutto negli<br />

orizzonti sub‐alpini, e la densità delle popolazioni all’interno del Parco è sicuramente inferiore ai 2<br />

in<strong>di</strong>vidui per kmq. La tendenza negativa nella <strong>di</strong>namica delle popolazioni è un fattore comune in<br />

numerose aree del Trentino e sembra confermata dal trend degli avvistamenti sistematici annuali<br />

nelle aree campione della Val <strong>di</strong> Sole sottoposte a conteggi. L’incremento esponenziale delle<br />

popolazioni <strong>di</strong> cervo e il conseguente innescarsi <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> competizione spaziale e trofica<br />

rappresenta uno dei principali fattori responsabili <strong>di</strong> questo fenomeno. Tuttavia non è<br />

probabilmente l’unico. Il verificarsi <strong>di</strong> inverni particolarmente duri nell’ultimo quinquennio ha<br />

sicuramente influito sui tassi <strong>di</strong> mortalità in una situazione già delicata. I cambiamenti del<br />

paesaggio (culturale), connessi al progressivo abbandono dei territori coltivati e delle attività<br />

zootecniche hanno favorito la ricolonizzazione delle specie arbustive ed arboree e la progressiva<br />

chiusura delle aree aperte, causando una forte <strong>di</strong>minuzione degli spazi ecotonali particolarmente<br />

idonei al capriolo. La graduale regressione dei paesaggi antropici ed il conseguente ritorno verso le<br />

con<strong>di</strong>zioni presenti prima delle profonde mo<strong>di</strong>fiche operate dall’uomo non porterà comunque alla<br />

scomparsa della specie ma verso un nuovo riassetto ed equilibrio tra densità <strong>di</strong> popolazione e<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> cibo e zone <strong>di</strong> rifugio.<br />

Lo stambecco (Capra ibex) è tornato ad occupare il territorio del Parco grazie a una azione <strong>di</strong>retta<br />

<strong>di</strong> conservazione da parte dell’uomo che ha reintrodotto questa specie in Val Zebrù (Sondrio) negli<br />

anni 1967‐68 e, successivamente, in numerose altre aree del settore lombardo del Parco.<br />

Attualmente la sua presenza è quasi esclusivamente limitata al settore lombardo e le densità più<br />

elevate sono presenti in Val Zebrù e in Valle del Braulio. Da circa un decennio lo stambecco ha<br />

comunque iniziato a colonizzare in modo spontaneo la Val <strong>di</strong> Peio, a partire dalla colonia presente<br />

in Valle delle Messi – Val <strong>di</strong> Viso, attorno al Passo del Gavia e durante l’estate si registra la<br />

presenza <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> soggetti, compresi femmine e piccoli, nella destra orografica della Val<br />

del Monte, tra Val Montozzo e Val Comiciolo.<br />

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