quindi col territorio, perché le associazioni hanno la conoscenza del territorio. Ci deve essere anche una cornice politica, che favorirebbe progetti tipo il vostro, altrimenti il rischio è di iniziare un progetto che poi a livello di municipalità viene interpretato come qualcosa di imposto da un altro paese, e questo non è funzionale. E’ logico che i tempi della burocrazia sono diversi dai tempi delle associazioni, che operano molto rapidamente, mentre trovare gli accordi a livello politico è molto più lungo e complicato. Se c’è un accordo governativo è più facile per gli operatori portare avanti un certo tipo di progetto. Noi chiediamo che il progetto non sia calato dall’altro, ma chiediamo delle lettere di intesa e di partecipazione e collaborazione, con il coinvolgimento di associazioni sul territorio e della municipalità. Solo così può funzionare un progetto. A monte, visto il problema di cui vi occupate, se non c’è l’accordo col governo e con l’istituzione non credo il vostro progetto possa avere le gambe per camminare. Come cooperazione internazionale finanziamo progetti in tutti i settori. L’obiettivo del progetto deve favorire l’autosviluppo locale e ci deve essere una sinergia con le strategie locali, nel senso che deve comunque essere in appoggio delle municipalità o delle regioni. Ci deve essere una omogeneità con la strategia locale di sviluppo del paese e dell’area dove si va ad operare. I progetti vengono presentati da ONG e associazioni che hanno come attività prioritaria la cooperazione allo sviluppo. Gli ambito sono i più diversi: formazione professionale, sanità, agricoltura, cultura. Il reinserimento socio-lavorativo di persone con un percorso migratorio fallito può essere contemplato tra i progetti che finanziamo, ma deve essere concordato con le autorità locali. Le nostre ONG conoscono il territorio, collaborano con le municipalità e le associazioni locali. Per rendere operativo il vostro progetto è necessario creare degli accordi con le municipalità, i governi, fin dall’inizio del progetto. Q. In Romania ci sono strutture di assistenza pubbliche e del privato sociale, c'è anche tanto, la fatica è quella di fare rete. Sono restii non solo perché rumeni, tutte le associazioni sono restie a fare rete. Se si pensa che tantissime associazioni italiane sono andate in Romania, ed ognuna ha aperto un pezzettino. Non è così facile coordinarsi. Se penso all'esempio dei ragazzi di strada, per esempio quelli di Bucarest, su cui un sacco di associazioni hanno investito e stanno lavorando, però non esiste un coordinamento. Quando sono stata lì c'erano alcune associazioni che mi raccontavano dello sfacelo di questo non riuscire a fare un coordinamento, perché un ragazzo tranquillamente può vivere una settimana - 10 giorni - 1 mese in una associazione e nel momento in cui il progetto diventa più ingente nei suoi confronti se ne va e passa in un'altra struttura, con molta nonchalance, in questo modo se un ragazzo ha un proprio interesse ad uscire dalla strada, bene; ma se ha già fatto quella vita per un certo periodo di tempo e gli interessa mangiare, farsi la doccia o dormire in un letto tranquillamente, riesce a soddisfare questi bisogni senza nessun impegno. Queste associazioni si stanno interrogando profondamente e non sono riuscite ancora a trovare una strategia per decidere che tipo di intervento fare, come fare un intervento tutti insieme per evitare questo fenomeno, perché lavorare in quel modo non serve a niente ed è diventato quasi una modalità di vivere dei ragazzi di strada di Bucarest. Il fatto di tentare un discorso di insieme non è semplice. Inoltre i tempi occidentali non sono i tempi di altri paesi e questo comporta una fatica aggiuntiva rispetto alla gestione dei progetti e del denaro. Alcune cose stanno funzionando bene, altre no. In Romania sta avvenendo quello che è avvenuto in Albania, che sono stati investiti miliardi per un paese che comunque continua a far fatica a vivere. Funzionano i progetti che hanno tempi un po' lunghi, che riescono a trovare modalità di comunicazione che siano le stesse da tutte e due le parti (una cura al comprendersi, al non dare per scontato che ci siano gli stessi obiettivi, gli stessi criteri di attuazione), i progetti dove c'è un rispetto reciproco, la disponibilità a capire le esigenze reciproche. L'altro discorso è che nel momento in cui tu porti risorse o trovi dall'altra parte delle persone realmente solide, che non sono dipendenti dalle tue risorse (tipo "tu mi dai i soldi e dici che vuoi fare un pollaio e io te lo apro"; dopodiché se tutti i contadini del paese i polli ce li hanno e quindi non ne venderò mai uno, non me ne importa niente. Il concetto è: tu mi hai dato i soldi per costruire un pollaio, mi garantisci lo stipendio per due anni, e io per due anni ti faccio tutti i pollai che vuoi). Tutta la cooperazione internazionale si scontra con questo problema. E poi i tempi, i nostri tempi non sempre coincidono. Noi facciamo progetti e i progetti hanno i tempi. I più onesti ti dicono "non ce la facciamo col tempo che ci proponi, quindi non lo facciamo". Bisogna avere la capacità di muoversi su piccolo obiettivi e in modo progressivo. R. Della collaborazione con i governi ho già parlato, ed è una attività indispensabile. Noi abbiamo sempre lavorato con reti di ONG italiane e locali, queste ultime sono importanti ed è fondamentale collaborare con loro. Le ONG locali ci sono, sono presenti. ALTRO Ha senso fare un progetto come il nostro per i cittadini rumeni visto l’ingresso della Romania nell’unione europea? C. In questo momento non è possibile prevedere quali saranno le leggi che verranno emanate. Si possono fare dei ragionamenti logici. Per come vedo io le cose direi che è già tardi per attivare un progetto di questo tipo. Sono stati attivati progetti di rientro assistito per i rom in Romania da parte del Comune di Milano. Perché il progetto funzioni è necessario che la Romania partecipi al progetto di rientro assistito per gli ex detenuti, in modo da garantire l’inserimento socio-lavorativo una volta avvenuto il rientro. In questo modo, per esempio, si potrebbero fare degli accordi per l’assegnazione di terreni agricoli da parte dello Stato. Quello che voglio dire è che non basta l’assistenza in Italia, bisogna attivare una modalità di assistenza anche in Romania. 98
Sono convinto che quando la Romania entrerà nell’Unione europea chiederà agli stati membri di aprire le porte del carcere per le persone che sono dentro a causa del fatto che non hanno il permesso di soggiorno, con l’obbligo per queste persone di rientrare in Romania. 99