Dell'ingegno poetico di Cicerone.pdf - EleA@UniSA

gure che sovrastano alla repubblica. Ma gli aruspici,
meno oscuri, aggiungono che, per salvare
R om a, v’ è ancora un mezzo : occorre, cioè, affrettare
il compimento e la consacrazione dell’ immagine
di Giove guardante verso 1’ Oriente. Compiuta
questa cerimonia, la congiura è scoperta, e
quel Giove che, poco prima, ha sfogato la sua rabbia
contro il suo simulacro (forse solo per affrettare l’erezione
del nuovo), si rivolge, benigno, ai Romani,
a ’ quali fa grazia delle altre paure che aveva loro
preparate, e che l’aruspice, uno di quei tali aruspici
così lepidamente coperti di ridicolo da Catone, aveva
da gran tempo rivelate. Ora questo notare che i
prim i prodigi li aveva veduti solo lui sul monte Albano,
e gli ultimi, quelli letti nei libri degli aruspici
etruschi, non s’erano verificati pel provvido innalzamento
del monumento a Giove, non ha tu tta l’aria
di un artifizio escogitato da Cicerone, per giustificare
descrizioni di prodigi non mai osservati?
Prim a di lasciare il De suo Consulatu, ci sia
lecito esprimere un giudizio, e notare l’ identità
della situazione e la somiglianza grandissima della
chiusa del brano conservatoci del libro 2.° con quella
stupenda pagina di prosa ciceroniana, che è il
Sogno di Scipione, inserito nel De Republica, che
vide la luce alcuni anni più tardi.
Nell’ uno e nell’ altro c’ è il presagio della rinomanza,
che procacciano, presso i posteri, i servigi
resi alla patria ; nell’ uno e nell’ altro la profezia
viene da uno spirito celeste, non da un Tiresia qualunque
; nell’ uno e nell’altro occorre, di tanto in