Dell'ingegno poetico di Cicerone.pdf - EleA@UniSA

I versi di cui parliamo furono da lui messi erroneamente
in bocca ad A gam ennone, invece che ad
Ulisse; ma non si può sapere se, quando Cicerone li
scrisse, fosse caduto nel medesimo errore, oppure,
come forse parrebbe più verisimile , 1’ equivoco sia
stato prodotto da u n ’ im perfetta reminiscenza del
luogo dell’ Iliade, a cui si riferiscono e da u n ’eccessiva
fretta di citazione. Checché sia di ciò, intorno
a questo brano faremo poche osservazioni,
intese appunto a m ettere in chiaro la tendenza
accennata più innanzi. Il primo verso ci pare sia
stato reso dal giovinetto con molta energia e con
un certo impeto caloroso, che crediamo dovuto al
fine accorgimento, con cui il traduttore ha saputo
conservare in latino la prevalenza alla serie d attilica
su la spondaica. Il ciceroniano:
Ferte, viri, et duros animo tolerate labores
non impallidisce di fronte all’ omerico
tX v ìT c , tpiX oc, xa'i [/.eivxt’ s ir i o v o v ...
Ma ben meschina cosa ci sembra l’amplificazione
della proposizione finale del testo in due versi non
punto belli, i quali, per giunta, contengono una strana
locuzione, che par coniata apposta per aduggiare
la lucida e chiara espressione dell’originale. Omero
s’ era contentato d ’ aggiungere alle parole su riferite
un semplice
o