Dell'ingegno poetico di Cicerone.pdf - EleA@UniSA

Tali ragioni non ci fanno ritenere col Ribbek
che, nel de consulatu, il prodigio fosse assoluta-
niente fuor di luogo, sol perchè a ’ prodigi Cicerone
avesse poca o nessuna fede.
In quel componimento, invece, va censurata
piuttosto la deficienza di quel senso della misura,
che avrebbe dovuto più volte impedire al Poeta
di abbandonarsi, così presto, a briglia sciolta, sul
cavallo Pegaseo della sua fantasia; tanto più che,
per le ragioni su esposte, se c’ era un poeta, che
avesse l’obbligo della circospezione, e a cui fosse
raccomandato di non insistere tanto su certi tasti,
che già minacciavano di dar de’ toni falsi, era
proprio lui, che le condizioni dell’am biente romano
conosceva benissimo. Il maraviglioso doveva entra
r nel suo poema, m a come cornice, non già come
fondo del quadro.
Cicerone, invece, se si deve credere a Servio '),
fin dal libro primo, regalava ai suoi lettori un prodigio,
e neppure originale. « Sine igne subito » —
dice lo scoliaste — « ex ipsis cineribus fiamma
emersit. Hoc uxori Ciceronis dicitur contigisse, cum
post peractum sacrificium libare vellet in cinerem
ex ipsa cinere fiamma surrexit, quae fiamma eodem
anno consulem futurum ostendit ejus m aritum . »
Or chi non vede in questo prodigio una somiglianza,
certamente non punto casuale, con quello narrato
più tardi da T. Livio 2) e che certo, anche a ’ tempi
') Ad Verg. lib. V ili, 106.
3) Liv. I, X X X IX .
Gr. C u o m o : Dell’ ingegno poetico di Cicerone, 7