delle parole, eh’ è uno dei pregi più gran<strong>di</strong> della poesia omerica. Specialmente nel 1.° verso, 0 decus Argolicum quin puppim flectis Ulixes, e nel 4.° del frammento tradotto: Quin prius adstiterit vocum dulce<strong>di</strong>ne captus, corrispondente all’ omerico : 7rpiv v ' fiiie io v jjLeXiYy]p
inimicizie e dai rancori politici, sia che, come altri crede, criteri estetici <strong>di</strong> arte progre<strong>di</strong>ta e raffinata ispirassero a ’ posteri le loro severe censure. P er cominciare dal più benevolo e meno sospetto, ricorderò, tra i latini, Marco Fabio Quintiliano, il quale, nell’ Istituzione Oratoria, ove dà dei principali scrittori greci e latini un breve, acuto e tem perato giu<strong>di</strong>zio, tesse del grande romano un magnifico elogio; e pure alla poesia <strong>di</strong> <strong>Cicerone</strong> egli non rivolge che un malinconico pensiero, un dolce rim provero, espresso in forma benevola d ’augurio appunto in grazia <strong>di</strong> quell’ « immo<strong>di</strong>co amore » che egli stesso confessa nutrire pel Nostro, e che gli altri non si stancarono mai <strong>di</strong> rimproverargli. « In car- minibus utinam », esclama il dotto critico, « (Cicero) pepercisset quae non desierunt carpere m aligni. » ') Seneca, esplicitamente, sentenzia: « Cicero eloquen- tiam suam in carminibus destituit» 2). E, mostrando quanto <strong>Cicerone</strong> tenesse ai suoi versi, per addurre a Novato, cui parla, un esempio atto a confermare che egli può non « aequis oculis quendam videre » , solo perchè quel « quidam de ingenio suo male lo- cutus est », <strong>di</strong>ce, tra 1’ altro : « et Cicero, si deri- deres carmina eius, inimicus esset » 3). Marziale, in un salace epigramma, perdona a Gauro, uomo <strong>di</strong>ssoluto, lo scriver versi a <strong>di</strong>spetto ') Quint. Inst. Or. X I. I, 24, 2) Sen. exc. Controv. I l i praef. 8. 3) Sen. de ira III, 37, 5.
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aggiunge, col solito lepore, che l
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ebbe? Forse quello elevato di Vergi
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di Sofocle, perchè li stimava più
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ut videremus effecerit ? » *). Alt
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studio sul mentovato poema; perchè
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E dagli Acarnesi toglie ed accomoda
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nazione più o meno libera, si ha d
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oratore romano più m ateria da tra
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itorneremo su ciò, quando dovremo
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d’un pezzo e con le medesime opin
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auguri Romolo e Remo '), e par ne s
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di esagerare collocando anche quest
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zavano *) i vecchi, invece di attin
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stuggine, sprecando quattro versi a
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