Dell'ingegno poetico di Cicerone.pdf - EleA@UniSA

de’ singgoli poeti: che, cioè, egli preferiva, come tra ’
greci coosì tra’ latini, gli antichi, agli alessandrini
e ai lorro imitatori.
Parlaa di Omero, di Archiloco, di Sofocle, di
Pindaroo: ma, dal complesso, pare che abbia studiato
a fondo ) Omero e Sofocle e appena conosciuti e letti
Archilooco e Pindaro.
E, peer cominciar da Omero, si desume dalla lettura
debile opere ciceroniane che il Nostro ebbe per
quel pooeta sovrano ammirazione e culto. In tatti,
lo nomaina spesso, e di versi dell’ Iliade e del-
l’Odisseea, or nel testo originale, or tradotti in latino,
irinfiora le sue opere; e, come a un testimone
delle aantichissime età, ricorre ad Omero, del quale
ricorda a spesso anche gli eroi. La sua ammirazione,
però, nnon si concreta quasi mai in un giudizio
preciso o, che ci dica chiaro in che specialmente
consistóta la bellezza, la grandezza, l’ eccellenza,
insommma, del primo pittor delle memorie antiche.
Appenma una volta, con parole scultorie, ci lascia
intendedere l’effetto grandissimo, che produceva sul
suo curaore e sulla sua fantasia la lettura dei canti
omericici, in cui il magistero dell’ arte fa di ogni
episodidio un quadro, e anima e fa vivere e fremere
i personaggi dinanzi agli occhi estatici.
« Traraditum est — egli dice — etiam Homerum
caecurum fuisse. At eius picturam , non poésim
videmmus. Quae regio, quae ora, qui locus Grae-
ciae, ■, quae species formaque pugnae, quae acies,
quod il remigium, qui motus hominum, qui ferarum
non it ita expictus est,, ut quae ipse non viderit, nos
G-. C u ' C u o m o : D ell’ ingegno poetico d i Cicerone. 3