Dell'ingegno poetico di Cicerone.pdf - EleA@UniSA

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tinitatis »*). Cicerone, poi, si scaglia violentemente contro le basse scurrilità di Sesto Turpilio *) e di Trabea 3). Di Terenzio loda l’eleganza e la purezza del dire, am m irate anche, come si sa, da Cesare e da Quintiliano. Singolare, in questo poeta, è l’arte del descrivere , del dipingere i costum i, del condurre i caratteri. Per esempio, nel de Oratore, fa da A ntonio grandem ente lodare 1’ Andria così : « Mores adolescentis ipsius ( Pam phili) et servilis percon- tatio, mors Chrysidis, vultus et forma et lam entatio sororis, reliqua pervade jucundeque narrantur » 4). Gli è vero, che a Plauto mancano, come bene nota il Lange 5), i pregi, che Cicerone am m irava in Terenzio; ma, perchè, non è men vero, osserviamo con lo Scollm eyer6), che dei sali plautini ha fatto special menzione come « elegantes, urbani, ingeniosi », contro gli altri « inliberales, petulantes, flagitiosi, obsceni » 7); dobbiamo di necessità ritenere, che la questione del prim ato tra Plauto e Terenzio, il Nostro o non se la sia mai posta, o l’abbia stim ata oziosa, o non l’abbia voluta risolvere. Citando, nelle Tusculane8), un brano sentenzioso del Phormìo, Cicerone nota avere il poeta attin ti 1) Brutus 74, 258; ad Att. VII, 3, 10. 2) Tusc. Disp. IV, 34, 72; ad fam. IX , 22, 1. 3) Tusc. Disp. IV, 31, 67. *) De orat. II, 80, 327. 8) Lange. Op. cit. 6) Scollmeyer. Op. cit. 7) De offic. I, 29, 104. 8) Tusc. I li, 14, 30.
quei precetti dalla filosofia. Quanto alla elocuzione di Terenzio, è notevole l’apostrofe in Limone: Tu quoque, qui solus, lecto sermone, Terenti. Conversum expressumque latina voce Menandrum In medium nobis sedatis vocibus ecfers Quidquid come loquens atque omnia dulcia dicens '). Notando 1’ « elegantiam sermonis » di Terenzio contrappone questo a Cecilio, che era, come sappiamo, « malus auctor latinitatis » *). Afranio è, per Cicerone, « homo perargutus » e, nelle comedie, « disertus » 3). Riassumendo: tra ’ comici, pel « genere jocandi » dà il primato a Plauto, che cita meno 4); pel « lectò sermone » a Terenzio, che cita più di tu tti 5); per la « vis comica » a Cecilio, che, quanto a numero di citazioni, sta tra il primo e il secondo 6). Dal com 1) Svet. Ter. 5. 2) Ad. Att. VII. 3, 10. 3) Brutus. 45, 167. 4) De div. I, 31, 65; Lael. 26, 98; de inv. I, 50, 95; de orat. II, 10, 39. s) De fin. I, 1, 3; I, 2, 4; I, 4, 14; V, 10, 28, 29; de opt. gen. orat. 6, 18; de inv. I, 19, 27; I, 23, 33; Lael. 24, 89; 25, 93; 26, 98; de oiat. II, 40, 172; II, 80, 326; ad fam. I, 9, 19; VII, 10, 4; X II, 25, 4; de deor. nat. II, 23, 60; III, 29, 72, 73; Tusc. Disp. I li, 14, 30; III, 27, 65; IV, 35, 76; de off. I, 9, 30; I, 42, 150; ad Att. II, 19, 1; X II, 6, 3; or. 47, 157; prò Caecina X, 27; Cat. maj. 18, 65; prò Cael. 16, 38; de leg. I, 14, 33. 6) Pro Rose. Am. 16, 46; Cat. maj. 7, 24; 8, 25; 11, 36; de fin. I, 2, 4; II, 4, 13, 14; de opt. gen. orat. 6, 18; de deor. nat. I, 6, 13; III, 29, 72, 73; Tusc. Disp. I, 14, 31; III, 23, 56; IV, 32, 68; prò Cael. 16, 37; Lael. 26, 29; de orat. II, 10, 40; II, 64, 257; ad fam. II. 9; ad Att. VII, 3, 10.
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PREFAZIONE Non solo quanti attendon
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la critica ciceroniana, indagarne l
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