Dell'ingegno poetico di Cicerone.pdf - EleA@UniSA

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P atin, che egli accorciava, allungava, modificava, senza troppi scrupoli, il testo, pesava piuttosto che contare le parole, e si preoccupava di conservare 10 spirito più che la lettera dell’ originale , dando prova, nelle sue traduzioni, d ’una lodevole flessibilità. Se si tien conto delle difficoltà infinite, che s’ incontrano nel dare al pensiero una veste nuova desunta dalla lingua d ’un’altra nazione, certam ente si deve acconsentire pienam ente al giudizio assennato del critico francese, il quale non disconosce, però, che, spesso, ne’ volgarizam enti poetici del Nostro, 1’ amplificazione rettorica e la declamazione pigliano 11 posto di quella schiettezza e semplicità di linguaggio, che ci piacciono tanto negli autori greci, che egli pigliava a modello. E, così, nel brano delle Trachinie ') di Sofocle tradotto da Cicerone nelle Tusculane 2), opportunam ente nota il P atin 3) un certo languore e una certa freddezza, che contrastano spiccatam ente con la potenza dram m atica dell’originale, in cui le parole appassionate di Ercole mostrano all’evidenza la lotta gigantesca, che egli sostiene tra il dolore e l’energia morale, che gl’ im pedisce di esserne sopraffatto. In Cicerone non c’ è poesia vera, m a solo un discorso enfatico, che prelude a quelli, più raffinati, ma ancora più lontani dalla verità, co’ quali Ovidio, nelle Metamorfosi4), *) Tpxytvixi — 1009-1065. *) Tusc. Disp. II, 8, 9, — 20, 21, 22. 8) Patin. Op. cit. pag. 445. 4) Ovid. Metam. IX , 176 segg.
Seneca, nel suo Ercole Eteo *), fan parlare l’ eroe morente. Talora, però, non si può negare che Cicerone riesca assai sobrio ed efficace traduttore. Special- m ente i pochi brani, che di lai si citano tradotti da Omero 2), se ne togli qualche frase oscura o coniata poco felicemente, sono, del resto, tali da contentare anche il critico più esigente, e mostrano quanto addentro egli penetrasse nelle bellezze recondite dei sommi maestri dell’ arte. L a traduzione de’ versi 299-880 del libro II dell’/- liade, citata nel de Div. II, 30, G3, è nè più nè meno che un’ esercitazione di scuola; tuttavia è importante , perchè m ostra quale decisa tendenza avesse il Nostro, fin dai primi anni della sua giovinezza, aH’ainplificazione rettorica. *) Hercul. Oetaeus, 1131 e segg. ‘) T ra’ passi dei poemi omerici tradotti, cui egli allude nel de Finibus (V. 18), si conservano i seguenti: dall’ Iliade : II, 299-330 in Cic. de divin. II, 30 68 64. VI, 201, 202 IX , 646, 648 V II, 89-91 IX , 236, 237 Tusc. Disp. I l i , 26, 63. Tusc. Disp. I li, 9, 18. de glor. lib. Il, fr. 1. de divin. II, 39 82. IX , 363 de divin. I, 35 52. X IX , 226-229 Tusc. Disp. III, 65. dall’ Odissea : X II, 84-101 in Cic. de fin V. 18, 49. X V III, 136, 137, de fat. rell. 3. e in Augustin, De Civ. D, V, 8. Pei traduttori di Omero, in generale, e per le traduzioni omeriche di Cicerone: V. in Biblioteca classica latina del Lemaire: Wernsdorff, Poetae Mini minores, III, 474, segg. G. Coomo: DeU’ ingegno poetico di Cicerotw. 8
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