cose e a cose, cui ,1’ anima si suppone contraria e ripugnante, 1’ altra non vuole se non iscoprire al- l’anima ciò che ella ha in sè e non sa <strong>di</strong> avere. Ma 1’ una, per conseguire 1’ assenso, e l’altra, per isnebbiare gli occhi, adoperano tropi e figure, e pure in modo assai <strong>di</strong>verso, poiché, facendo tutte e due luce maggiore che la solita, l’una l’usa a chiarire, l’altra ad abbagliare... » . Inoltre, sembra che <strong>Cicerone</strong> non s’ occupi <strong>di</strong> coglier le intime <strong>di</strong>fferenze tra un genere letterario e l’altro, e si contenti d’accennare quel che hanno <strong>di</strong> comune. E vero che, assai bene e con molta accuratezza, determina, nell’ Orator ad M. Brutum, la <strong>di</strong>fferenza tra il numero della prosa e quello della poesia; ma tal <strong>di</strong>fferenza, che nessuno, del resto, avrebbe potuto revocare in dubbio, era ra<strong>di</strong>cata nella coscienza letteraria <strong>di</strong> tutti. A lui, certo, non fa <strong>di</strong>fetto il sentimento dell’arte; anzi ha tutte le attitu<strong>di</strong>ni alla critica; è, però, un critico che, in certo qual modo, potremmo chiamare preconcetto e soggettivo per le restrizioni che, a volta a volta, gli consigliano le opinioni politiche, i principii filosofici, l’amore per l’antico, una certa avversione per quanto non è romano, o che, pur essendo romano, non sa <strong>di</strong> nuovo. Lo commuovono i gran<strong>di</strong> poeti, strappandogli parole sincere d’ammirazione; lo rapisce quel mondo ideale, che il poeta gli mette sotto gli occhi; ma si <strong>di</strong>rebbe, che, cessata l’emozione, destata dalla lettura <strong>di</strong> quei canti ispirati, o la memoria <strong>di</strong> essa, egli torni, sempre, a mostrarsi, più o meno, romano, uomo pratico, filosofò,
politico,), a cui la poesia non può parer degna <strong>di</strong> esistenzza autonoma, dovendo cooperare colla politica e i ubbi<strong>di</strong>re alla ragione <strong>di</strong> Stato. E quaal concetto ebbe <strong>Cicerone</strong> della poesia? Schiet- tam entee romano, egli sottopone, sempre, tutto alla ragion pratica. E, come i romani antichi, tra’ generi lettterari, non avevan pregiato che l’eloquenza e la stcoria, perchè avevano appunto uno scopo pratico, CO.OSÌ <strong>Cicerone</strong> considera la poesia come mezzo <strong>di</strong> trainnandare ai posteri le egregie imprese degli uomini i insigni. In fatitti, chi leggesse l’orazione Pro Archia, la quale, r malgrado della molta tara che le'si deve fare, contienine pur sempre la professione della fede poetica <strong>di</strong>
- Page 2 and 3: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI SALERNO BIB
- Page 5 and 6: DELL’INGEGNO POETICO DI CICERONE
- Page 7: N ‘ 3/,43.
- Page 13 and 14: Parte Priima. INDICE Prefazione....
- Page 15: PREFAZIONE Non solo quanti attendon
- Page 18 and 19: la critica ciceroniana, indagarne l
- Page 20 and 21: e ispirato da certo estro *). Quell
- Page 22 and 23: aggiunge, col solito lepore, che l
- Page 26 and 27: ebbe? Forse quello elevato di Vergi
- Page 28 and 29: filtrazioni poetiche, artes leviore
- Page 30 and 31: di Sofocle, perchè li stimava più
- Page 32 and 33: ut videremus effecerit ? » *). Alt
- Page 34 and 35: studio sul mentovato poema; perchè
- Page 36 and 37: come quelli che rivelavano i moti d
- Page 38 and 39: Degli altri lirici, ricorda due vol
- Page 40 and 41: iconoscere che non c’ è quasi da
- Page 42 and 43: E dagli Acarnesi toglie ed accomoda
- Page 44 and 45: nazione più o meno libera, si ha d
- Page 46 and 47: oratore romano più m ateria da tra
- Page 48 and 49: pidea. Infatti, a Cesare scrive: «
- Page 50 and 51: Arato — Callimaco — Nicandro
- Page 52 and 53: itorneremo su ciò, quando dovremo
- Page 54 and 55: d’un pezzo e con le medesime opin
- Page 56 and 57: auguri Romolo e Remo '), e par ne s
- Page 58 and 59: di esagerare collocando anche quest
- Page 60 and 61: zavano *) i vecchi, invece di attin
- Page 62 and 63: stuggine, sprecando quattro versi a
- Page 64 and 65: Cicerone, pertanto, am m ira in Pac
- Page 66 and 67: il Superbo *); e cita ancora altri
- Page 68 and 69: Plauto — Cecilio — Sesto — Tu
- Page 70 and 71: tinitatis »*). Cicerone, poi, si s
- Page 72 and 73: plesso, appar sempre che li abbia l
- Page 74 and 75:
dolce. Egli non nega all’autore d
- Page 76 and 77:
nalità estetica in modo assoluto.
- Page 78 and 79:
, nuove, tra tte o im itate dal gre
- Page 80 and 81:
Tempestas, e questa lezione pare ac
- Page 82 and 83:
II. — Marius. Si andavano, ai tem
- Page 84 and 85:
Isidoro '). In questi è descritto
- Page 86 and 87:
In tu tti i casi, però, il serpent
- Page 88 and 89:
gerati, rispettivam ente nel rigore
- Page 90 and 91:
Avrei potuto, soggiunge, opprimere
- Page 92 and 93:
non sappiamo, in alcun modo, conten
- Page 94 and 95:
almente, non poteva essere più arb
- Page 96 and 97:
del Nostro, doveva essere divulgati
- Page 98 and 99:
a giudici colti come quelli d ’A
- Page 100 and 101:
dir così, l’am biente poetico de
- Page 102 and 103:
no *), dove è asceso per sacrifica
- Page 104 and 105:
tanto, un po’ d ’erudizione fuo
- Page 106 and 107:
nei tristi giorni dell’esilio e s
- Page 108 and 109:
Era, inoltre, cominciato per Cicero
- Page 110 and 111:
P atin, che egli accorciava, allung
- Page 112 and 113:
I versi di cui parliamo furono da l
- Page 114 and 115:
delle parole, eh’ è uno dei preg
- Page 116 and 117:
di Apollo e di tu tte e nove le Mus
- Page 118 and 119:
pur entusiasta com’ è, il P atin
- Page 120 and 121:
acuti giudizi sui poeti greci e lat
- Page 123:
Nota. — Il lettore correggerà da