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Al contrario, a partire dal 1954 si assiste al un saldo sempre positivo,
persino negli anni di recessione economica 1964 e 1965, i giovani
assunti sono sempre superiori a quelli che escono.
Non si può tuttavia non sottolineare le percentuali altissime di usciti
dall'azienda, lo scarto con gli ingressi è infatti sempre poco elevato,
intorno al 5%, i giovani entrano in molti, ma il ricambio è elevato.
Si potrebbe avanzare, come prima ipo<strong>tesi</strong>, che gran parte delle giovani
maestranze, non siano in grado di svolgere il <strong>la</strong>voro e siano pertanto
licenziati dopo il periodo di prova, ma il numero di licenziamenti del
genere è risultato talmente esiguo da scartare tale prospettiva. Una
ipo<strong>tesi</strong> alternativa, smentita tuttavia dall’analisi delle qualifiche
suggerirebbe che i giovani non fanno carriera, restano poco tempo e
magari svolgono <strong>la</strong>vori dequalificati.
I trentenni rappresentano invece il 22,7% degli operai licenziati, il
valore è molto simile agli assunti per i quali si è rilevato il 21,2%;
anche in questo caso sembra pertanto che, seppure con valori
inferiori, ci sia un ricambio notevole ed equilibrato. Tuttavia, a
dispetto del dato complessivo, l'unico periodo in cui gli entrati
uguagliano gli usciti, sono gli anni '40, con percentuali intorno al
30% e gli anni '60 con valori intorno al 20%.
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