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quel<strong>la</strong> pugliese o siciliana, ma piuttosto legata a crisi contingenti, per
poi esaurirsi nei decenni successivi.
E’ chiaro che le condizioni economiche del Veneto stavano
cambiando, da regione re<strong>la</strong>tivamente depressa, stava diventando uno
dei futuri poli dello sviluppo economico. E’ inoltre palese che
l’emigrazione veneta verso il Piemonte doveva essere fortemente
filtrata dalle occasioni di <strong>la</strong>voro che <strong>la</strong> vicina Lombardia offriva.
Analogamente, per l’Emilia Romagna, i pochi emigranti aumentano
solo fino al 1964, per poi crol<strong>la</strong>re fino ad annul<strong>la</strong>rsi, nei due
quinquenni successivi.
Anche in questo caso siamo probabilmente in presenza di flussi
migratori contingenti, che si esauriscono nel tempo.
Complessivamente l’andamento delle assunzioni di forza <strong>la</strong>voro del
sud mostra invece andamenti costanti e crescenti, che hanno il loro
massimo soprattutto dal 1970 al 1975; una tipica distribuzione di
questo tipo è quel<strong>la</strong> pugliese, che da un minimo di circa tre operai su
cento negli anni ’40, passa al 20, 59% negli anni ’70 con un
andamento crescente anche negli anni del<strong>la</strong> crisi finanziaria, 52-53,
del<strong>la</strong> recessione economica del 1964-65 e del<strong>la</strong> crisi del 1974.
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