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IL VIETNAM: UNA SCONFITTA MILITARE E POLITICA<br />
Nella pagina del Corriere della Sera del 18 novembre che<br />
riportava la cronaca della visita di Stato del presidente statunitense<br />
George W. Bush in Vietnam ho letto due affermazioni che a mio<br />
avviso possono apparire in qualche modo contraddittorie. Infatti si<br />
descrive il Vietnam come «...Il Paese comunista che oltre trent’ anni<br />
fa sconfisse militarmente l’America», mentre al contempo si riporta<br />
la dichiarazione testuale di Bush che ha dichiarato: «...Allora perdemmo<br />
perché scappammo». Quello che vorrei chiederle è proprio<br />
come si debba interpretare tale sconfitta: ha ragione il presidente<br />
americano nell’affermare che la «fuga» americana<br />
dall’Indocina fu dettata da una scelta politica più che da una<br />
valutazione di carattere militare?<br />
Mario Taliani Noceto (Pr)<br />
Caro Taliani, non v’è dubbio che gli Stati Uniti, se lo avessero<br />
voluto, avrebbero potuto continuare la guerra e infliggere al<br />
Vietnam del Nord danni molto più gravi di quelli che il Paese aveva<br />
già sofferto. Ma il presidente Nixon e il suo segretario di Stato, Henry<br />
Kissinger, furono indotti a chiudere la partita da due considerazioni.<br />
In primo luogo il fronte interno si stava rapidamente sgretolando.<br />
Non dimentichi che esisteva allora negli Stati Uniti la leva obbligatoria.<br />
I neri sacchi di tela cerata che rientravano in patria ogni giorno<br />
sotto gli occhi delle telecamere, non contenevano corpi di<br />
«professionisti pagati per morire», ma di giovani coscritti. E non<br />
dimentichi infine che dalla metà degli anni Sessanta all’inizio degli<br />
anni Settanta la società americana fu sconvolta da forme di contestazione<br />
giovanile e da rivolte razziali sempre più radicali e violente.<br />
Vi fu un momento in cui il direttore del Fbi, John Edgar<br />
Hoover, temette che il Paese fosse entrato in un fase prerivoluzionaria.<br />
In secondo luogo la guerra stava paralizzando la politica<br />
estera americana. Impegnata da un conflitto che diventava ogni<br />
giorno sempre più imbrogliato e sanguinoso, la maggiore potenza<br />
mondiale era divenuta una specie di Gulliver, inchiodato al suolo<br />
del Vietnam da una miriade di minuscoli lillipuziani. Il primo ad<br />
accorgersi che occorreva tagliare i lacci e restituire agli Stati Uniti<br />
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