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A RITROSO SCRIVENDO

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Inviato a “Lettere al Corriere” il 30 gennaio 2012<br />

Il consenso, il compenso ed una legge elettorale “compensativa”<br />

Caro Romano, nello stereotipo comune ciò che caratterizza<br />

noi italiani è il considerarci, a seconda degli ambiti di discussione,<br />

un po’ tutti dei CT della Nazionale, dei Rocco Siffredi o dei Padri<br />

Costituenti. Tralasciando i primi due, per disaffezione e per consapevolezza,<br />

mi permetta di confermarle tale caratteristica scrivendole<br />

in merito a due argomenti di ormai quotidiana discussione nel<br />

nostro paese: gli stipendi dei parlamentari e il possibile ritorno delle<br />

preferenze nel sistema elettorale. Per entrambi vale comunque la<br />

considerazione iniziale che l’eletto al parlamento ha fondamentalmente<br />

due vincoli “materiali” che ne possono condizionare il comportamento:<br />

il compenso ed il consenso. Per il primo, l’aspetto economico,<br />

sinceramente ritengo che sia accettabile se chi deve legiferare,<br />

nel doveroso presupposto di fare l’interesse di tutti, possa<br />

essere nel periodo di incarico sgravato dalle necessità finanziarie e<br />

dai bisogni economici. Senza false ipocrisie, sappiamo bene che<br />

anche la politica costa! E costa oltremodo ai cittadini se non da<br />

risultati! Più difficile, e più pericolosa per le conseguenze in generale,<br />

mi appare invece la possibilità che l’eletto si possa davvero svincolare<br />

dalle promesse elettorali legate al consenso espresso dalla<br />

preferenza. Intendendo per promesse non la realizzazione del programma<br />

della formazione politica di appartenenza ma più banalmente<br />

e concretamente il piccolo soddisfacimento materiale di<br />

chi il nome dell’eletto lo ha scritto, o lo ha aiutato a scrivere, sulla<br />

scheda. Il presupposto di questa mia considerazione, e lo sappiamo<br />

bene, è semplicemente la consapevolezza e l’osservazione di<br />

cosa sia il convivere quotidiano. E, per chi come me ne ha ancora<br />

chiara memoria, non è facile scordare come in quell’epoca le preferenze<br />

fossero divenute il vergognoso ricettacolo del più deleterio<br />

e dannoso clientelismo. Clientelismo, sia ben chiaro, di cui ancora<br />

oggi paghiamo i negativi effetti e costi. Personalmente ritengo<br />

che la politica, pur mirando all’encomiabile obbiettivo di una<br />

società ideale, con anche valide argomentazioni valoriali, non<br />

dovrebbe continuare a fare il pericoloso errore di dimenticarsi cosa<br />

sia la società reale. Società reale con cui quotidianamente, nelle<br />

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