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CORRIDONI, VITA E MORTE DI UN RIVOLUZIONARIO<br />
Al mercato dell’antiquariato che ogni giovedì si svolge a<br />
Parma, ho acquistato due fascicoli unici che commemoravano,<br />
per il 26° e il 27° anniversario, la scomparsa di Filippo Corridoni. Editi<br />
dal Gruppo rionale fascista di Parma, entrambi i numeri (presumo<br />
tra gli ultimi stampati, essendo datati rispettivamente nell’ottobre<br />
del 1941 e del 1942) ricordano, con l’enfasi del periodo, la morte in<br />
battaglia del 23 ottobre 1915 di questo sindacalista, a pochi mesi<br />
quindi dall’intervento dell’Italia nel primo conflitto mondiale. Pur<br />
non avendone sentito parlare più di tanto nei libri di storia, la figura<br />
del Corridoni è ricordata nella mia città da un importante monumento<br />
che, mi pare, venne inaugurato alla presenza di Mussolini<br />
stesso. Probabilmente la scelta interventista e il conseguente inserimento<br />
nell’elenco dei protomartiri del fascismo hanno consegnato<br />
questa figura al semioblio storico. Incuriosito però dalle cronache<br />
dell’epoca che lo descrivevano come grande oratore e difensore<br />
dei diritti dei lavoratori al punto di definirlo «apostolo del lavoro», mi<br />
permetto di chiederle un’opinione su questo personaggio.<br />
Mario Taliani<br />
Caro Taliani, Filippo Corridoni non fu fascista (morì prima della<br />
fondazione del movimento) ed ebbe con Mussolini, in alcuni<br />
momenti, rapporti polemici e tempestosi. Ma nei corsi di studio della<br />
Scuola di mistica fascista fu venerato come il precursore, il profeta<br />
della «buona novella», il martire, il modello di una gioventù combattente<br />
che era pronta a sacrificarsi sull’altare degli ideali. Ebbe<br />
diritto al monumento di cui lei parla nella sua lettera, a parecchie<br />
targhe stradali e a una distinzione che fu riservata, in Italia, soltanto<br />
ad alcuni protagonisti della storia nazionale: il paese in cui nacque<br />
(Pausula, un comune di 14.000 abitanti nella provincia di Macerata)<br />
venne chiamato Corridonia. Molti di coloro che lo conobbero e lo<br />
stimarono (ad esempio Giuseppe Di Vittorio, futuro leader della<br />
Cgil) parlarono di appropriazione indebita. Ma ebbero ragione soltanto<br />
in parte. Mussolini, non c’è dubbio, si appropriò deliberatamente<br />
della sua immagine e si servì del nome di Corridoni per conferire<br />
al regime una patente di nobiltà. Ma le sue motivazioni non<br />
furono soltanto opportunistiche. Quando si accorse che il ragazzo,<br />
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