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A RITROSO SCRIVENDO

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educato in famiglia da un prozio francescano, aveva eccezionali<br />

qualità intellettuali, il maestro della scuola di Pausula disse al padre,<br />

operaio in una fornace, che occorreva permettergli di continuare<br />

gli studi. Corridoni si diplomò all’Istituto superiore industriale di Fermo,<br />

approdò a Milano, divenne operaio nell’officina di un’azienda<br />

meccanica e cominciò a frequentare i circoli socialisti di Porta<br />

Venezia. Ma fu attratto soprattutto dalle battaglie sindacali e s’impose<br />

rapidamente come un efficace organizzatore di agitazioni e<br />

di scioperi. Parlava come un brillante tribuno della plebe, scriveva<br />

articoli taglienti e sembrava avere inclinazioni anarchiche piuttosto<br />

che socialiste. La polizia se ne accorse e lo prese di mira. Il curatore<br />

dei suoi scritti, Andrea Benzi, ricorda che riuscì a totalizzare, in poco<br />

più di un decennio, una condanna a cinque anni di carcere, una<br />

trentina di arresti cautelari e due fughe all’estero, in Francia e<br />

Svizzera. A Parma, dove fu molto attivo all’epoca degli scioperi agricoli,<br />

conobbe Alceste De Ambris, sindacalista rivoluzionario e autore<br />

della Carta del Carnaro che d’Annunzio promulgò a Fiume dopo<br />

la conquista della città nel 1919. Entrò con lui nel Comitato nazionale<br />

di azione diretta e fu da quel momento, sino alla vigilia della<br />

Grande guerra, uno dei maggiori esponenti dell’anarco-sindacalismo:<br />

un movimento che teorizzò lo sciopero generale come strumento<br />

per la conquista del potere e la trasformazione rivoluzionaria<br />

della società. Il passaggio dal sindacalismo rivoluzionario all’interventismo<br />

fu meno difficile e sorprendente di quanto non sembri.<br />

Come altri paladini dell’«azione diretta», anche Corridoni vide nella<br />

guerra il grande evento che avrebbe ripulito il mondo dalle sue scorie<br />

borghesi e favorito il rinnovamento della società. Scrisse agli<br />

amici: «Noi, fra giorni, partiremo per il fronte vestiti da soldati del re,<br />

ma soprattutto partiamo con l’anima rigidamente repubblicana».<br />

Morì, come lei ha ricordato, pochi mesi dopo. Mussolini capì che<br />

poteva utilizzare il capitale di prestigio e simpatia che Corridoni<br />

aveva conquistato con la sua vita e con la sua morte. Ma ho l’impressione<br />

che nel rendere onore a questa singolare figura di interventista<br />

rivoluzionario fosse animato anche da un sentimento di<br />

nostalgia per le origini del fascismo e, forse, per il proprio passato.<br />

Sergio Romano<br />

Corriere della Sera (28 gennaio 2006)<br />

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