Nicholas Georgescu-Roegen, Bioeconomia, 2003 - contra-versus
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MAUKO BONAIIJTI<br />
miglioramenti tecnologici e quindi alla riduzione nell'impiego di<br />
risorse per unità di prodotto, la produzione assoluta continua ad<br />
aumentare, e così il consumo di risorse e la quantità di inquina-<br />
mento.'"<br />
Anche qui ci troviamo di fronte all'ennesimo processo autoac-<br />
crescitivo: la metafora del bolide che corre a velocità sempre mag-<br />
giore (e senza pilota) diviene così estremamente calzante per descri-<br />
vere la dinamica evolutiva del nostro sistema produttivo (Latouche<br />
1995, trad. it., p. 29).<br />
In questa corsa verso nuovi prodotti e nuovi mercati le imprese<br />
che risultano vincenti - realizzando elevati profitti - tendono ad<br />
assorbire quelle più deboli e dunque a favorire la concentrazione<br />
delle imprese in grandi gruppi transnazionali. Grazie ai favolosi<br />
investimenti pubblicitari, questi giganti dell'ecotlomia non solo<br />
sono in grado di condizionare le preferenze dei consumatori spin-<br />
gendoli verso sempre nuovi acquisti (alimentando così il circolo<br />
vizioso dei consumi) ma riescono a escludere dal mercato i soggetti<br />
minori che non sono in grado di sopportare costi pubblicitari della<br />
stessa portata.49 L'esperienza recente mostra come questo processo<br />
di concentrazione/fusione di imprese possa raggiungere dimensioni<br />
tali da rappresentare un pericolo non solo per gli equilibri ecologici,<br />
masanche per la stessa democrazia (Chomsky 2002).<br />
E importante notare che i circoli viziosi presenti dal lato della<br />
domanda e dal lato dell'offerta hanno tra loro effetti sinergici: da<br />
un lato l'aumento dei consumi, dovuto alle ragioni ricordate, com-<br />
porta un continuo aumento della produzione e dell'entropia; dal-<br />
l'altro la sfera della produzione ha un continuo bisogno di occupare<br />
nuovi mercati, di crescere (per alimentare nuovi profitti) e dunque<br />
di indurre il consumatore ad assorbire quantità sempre maggiori di<br />
beni e servizi.<br />
48 Nonostarlte il grande parlare di new cconomy e di smaterializzazionc del capitale, i con-<br />
sumi assoluti di risorse continuano ad aumentare. Cfr. i dati riportati a p. 39.<br />
49 Fortunatamente il gigantismo comporta anche l'incremento di alcune tipologie di costi<br />
(per esempio quelli di transazione), oltre a consentire una minore capacità di adartamento ai<br />
mutamenti del merclito. 11 processo tende quindi a spontaneamente alcunc reazioni,<br />
chc firiiscono per limitare l'accrescimento delle imprese<br />
5. La moneta cattiva scaccia quelka buona: teniarizzazione,<br />
corruzione finanziaria e dgusione dell'economia illegale<br />
L'economia contemporanea presenta casi sempre più eclatanti in<br />
cui la pressione competitiva, <strong>contra</strong>ddicendo le presunte proprietà<br />
ottimizzanti della «mano invisibile* del mercato, favorisce com-<br />
~ortamenti distruttivi per la collettività: in altre parole avvantaggia<br />
i «peggiori». L'analogia con i sistemi biologici può esserci estremamente<br />
utile, anche in questo caso, per comprendere la natura<br />
autoaccrescitiva del fenomeno e quanto sia parziale la rappresentazione<br />
del processo di funzionamento dei mercati offerto dalla<br />
teoria standard.<br />
I1 caso Nike, ormai giunto d'orecchio del grande pubblico, può<br />
servire da esempio per illustrare questo punto. Nell'aprile del 1998<br />
la multinazionale, leader del settore, è stata citata in giudizio con<br />
l'accusa di aver tenuto segreti i risultati di un rapporto presentato<br />
da una società di consulenza sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche<br />
alle quali veniva appaltata la produzione di scarpe. Nel rapporto<br />
si leggeva tra l'altro che «in alcuni reparti deila fabbrica Tae<br />
Kwang Vina, i lavoratori erano esposti a sostanze cancerogene in<br />
concentrazione 177 volte più elevata di quella ammessa dalla legge<br />
e che il 77 per cento dei dipendenti soffriva di problemi respiratori».<br />
Si tenga presente che in Indonesia, dove veniva appaltato<br />
buona parte della produzione Nike, gli operai lavorano mediamente<br />
270 ore al mese in cambio di un salario di circa 40 dollari (15<br />
centesimi l'ora) con i quali è possibile coprire appena il 30 per cento<br />
dei bisogni vitali di una famiglia di quattro persone. Complessivamente<br />
il costo del lavoro nelle fabbriche di calzature incideva sul<br />
prezzo prodotto finito per meno dello 0,2 per cento.50<br />
Che cosa spinge dunque una multinazionale multimiliardaria<br />
a schiacciare il costo del lavoro sino a questi livelli parossistici,<br />
rischiando di compromettere la propria immagine, se non la paura,<br />
o piuttosto la certezza, che se non sarà lei saranno gli agguerriti<br />
rivali a fare altrettanto? Che cosa spinge un'azienda a staccare un<br />
assegno di 20 milioni di dollari l'anno a una nota star dell'atletica<br />
IO Cfr. A,-S. Boisgaliais e M. Cozette, Nike: I'CIugedeii? loi de h jungk, in «Alternative eco-<br />
nomiques*, 110, settembre-ottobre 1993, pp. 38-41.