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Nicholas Georgescu-Roegen, Bioeconomia, 2003 - contra-versus

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112 CAPITOLO QUARTO<br />

è poca cosa rispetto aila meccanizzazione dell'agricoltura e del ricor-<br />

so alla «rivoluzione verde» (cfr. <strong>Georgescu</strong>-Koegen 1971a, p. 302;<br />

1976a, cap. 3). Automobili, vetture per il golf, falciatrici ecc. «più<br />

grandi e migliori» significano necessariamente un inquinamento e<br />

un esaurimento delle risorse «più grandi e migliori».<br />

In ultima analisi, è questa mania della crescita che John Stuart Mill<br />

e i sostenitori moderni dello stato stazionario vogliono arrestare.<br />

Ma essi hanno ragionato un po' come se la negazione della crescita<br />

dovesse sfociare in uno stato stabile. Probabilmente, in quanto<br />

economisti, non potevano pensare anche a uno stato di «decresci-<br />

ta». Ora, vale la pena rilevare che la maggior parte degli argomenti<br />

a favore deilo stato stabile milita ancor più a favore di quest'altro<br />

stato.<br />

Come riconosce lo stesso Daly (1973, pp. 154 sg.), la tesi dello<br />

stato stazionario non ci insegna nulla circa le dimensioni della po-<br />

polazione o il livello di vita. In compenso, un'analisi termodina-<br />

mica mette di nuovo in evidenza che la grandezza auspicabile della<br />

popolazione è quella che potrebbe essere sostenuta da un'agricol-<br />

tura esclusivamente organica.<br />

Nondimeno la tesi di John Stuart Mill ci insegna una grande le-<br />

zione: «la lotta per andare avanti, l'urtarsi, lo spingersi gli uni con<br />

gli altri, che rappresenta il modello esistente di vita sociale», per<br />

riprendere le sue parole, dovrebbero finire.<br />

Per realizzare questo sogno potremmo cominciare con un pro-<br />

gramma bioeconomico minimo che dovrebbe prendere in conside-<br />

razione non solo la sorte dei nostri contemporanei, ma anche quella<br />

delle generazioni future. Per troppo tempo gli economisti hann?<br />

predicato a favore della massimizzazione dei nostri profitti. E<br />

tempo che si sappia che la condotta più razionale consiste nel mini-<br />

mizzare i rimpianti. Ogni arma come ogni grande automobile signi-<br />

ficano meno cibo per coloro che oggi soffrono la fame e meno aratri<br />

per alcune generazioni future (per quanto lontane esse siano) di<br />

esseri umani simili a noi (cfr. <strong>Georgescu</strong>-<strong>Roegen</strong> 1771a, p. 304;<br />

1976a, cap. 3).<br />

Ciò di cui il mondo ha più bisogno è una nuova etica. Se i nostri<br />

valori sono giusti, tutto il resto - prezzi, produzione, distribuzione<br />

e anche inquinamento - dev'essere giusto. Alle origini l'uomo si è<br />

sforzato (almeno in una certa misura) di osservare il comandamen-<br />

LO STATO STAZIONARIO E LA SAI VEZZA ECOLOGICA 113<br />

to: «Non uccidere»; più tardi: «Amerai i1 prossimo tuo come te<br />

stesso». Ecco il comandamento della nostra èra:<br />

«Amerai la tua specie come te stesso*.<br />

Nonostante tutto, anche questo comandamento non potrebbe<br />

porre termine alla lotta che l'umanità combatte contro l'ambiente<br />

e contro se stessa. Il dovere degli studiosi è queilo di contribuire ad<br />

attenuare questa lotta e non quello di ingannare gli altri con idee<br />

che sfuggono aila capacità della comprensione umana. Con umiltà,<br />

questa è la responsabilità che insegna la bioetica di Van Rensselaer<br />

Potter (1771).

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