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bigger than hip hop - Autistici

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ale: Dj’ing, Mc’ing, writing e breakin. Nello squallore e nella devastazione<br />

delle inner city della metà degli anni Settanta, giovani writer elaboravano<br />

nuovi pezzi sui loro blackbook e bombardavano la linea metropolitana,<br />

i treni, i campi da gioco e le facciate di palazzi, reclamando<br />

spazi e visibilità. I primi b-boy elaborarono un tipo di danza che prevedeva<br />

acrobazie sul cemento dei marciapiedi e riuscirono a rendere amichevole,<br />

anche se solo temporaneamente, lo squallore urbano creando<br />

luoghi e momenti di aggregazione giovanile. I Dj organizzavano party<br />

improvvisati per le strade, nei parchi e nei centri comunitari collegando<br />

abusivamente il loro impianto alla rete elettrica cittadina e portando pace,<br />

unità e conoscenza in aree dove non esisteva alcuna infrastruttura e<br />

violenza e criminalità erano all’ordine del giorno. I rapper utilizzarono<br />

il microfono e la loro maestria linguistica per raccontare nuovi mondi,<br />

nuove esperienze pronti a scaraventarci oltre il pianeta del rock.<br />

Dal jive scat di Cab Calloway allo spoken blues degli anni Cinquanta,<br />

dai Dj radiofonici che rappavano su basi musicali alle ballate d’amore<br />

su basi soul o disco – vedi Isaac Hayes e Barry White – l’elemento vocale,<br />

il rap, tipico della tradizione orale africana, ha assunto un’importanza<br />

crescente fino a diventare elemento centrale nella cultura <strong>hip</strong> <strong>hop</strong>.<br />

Grazie all’evoluzione tecnologica, al recupero di materiali elettrici e alla<br />

genialità di quei giovani Dj e delle tecniche da loro inventate, i rapper<br />

iniziarono a cantare su un beat che poteva esser esteso anche all’infinito.<br />

La svolta tecnologica permise ai Dj di sfruttare un numero infinito di dischi,<br />

jingle, sigle televisive e colonne sonore per i loro campionamenti.<br />

Con il mixing e il multi-tracking elevati ad arte, le tecnologie divennero<br />

necessarie sia ai Dj che agli Mc, che potevano così creare nuovi suoni e<br />

nuovi ritmi evidenziando un altro assioma della musica rap – “ciò che è<br />

vecchio è sempre nuovo”.<br />

L’originalità e l’eclettismo dei primi Dj, Mc e crew contribuì in maniera<br />

decisiva alla diffusione della nuova cultura nera che passò dalle esibizioni<br />

nelle strade, nei parchi e nei centri comunitari ai primi locali del<br />

Bronx per arrivare, in un secondo momento, ai club “in” di Manhattan<br />

dove la gioventù nera che proveniva da uptown incontrò i giovani punk<br />

rocker che animavano la scena underground locale. Il passo dalla conquista<br />

di New York a quello della scena nazionale e internazionale è stato<br />

un percorso lento ma inesorabile. In questo libro si vorrebbe evidenziare<br />

l’importanza di collocare questo movimento culturale all’interno del<br />

contesto storico, politico e sociale in cui si è sviluppato per agevolarne<br />

una migliore comprensione che si allontani quanto più possibile dalle<br />

rappresentazioni mediatiche. La necessità di comprendere il framework<br />

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