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bigger than hip hop - Autistici

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Party Music<br />

Intervista a Boots Riley, marzo 2005<br />

u.net: Quando hai incontrato per la prima volta la cultura <strong>hip</strong> <strong>hop</strong>?<br />

Boots Riley: Non parliamo certo di cultura <strong>hip</strong> <strong>hop</strong>, ma i miei primi<br />

ricordi riguardanti la musica risalgono alla metà degli anni Settanta<br />

quando vivevo a Detroit con la mia famiglia. I miei fratelli facevano<br />

una cosa chiamata handbow, ovvero produrre un ritmo sbattendo<br />

con la mano sulla gamba e sul petto arricchendolo con rumori<br />

fatti con la bocca e cantando a ritmo di rap. È parte della tradizione<br />

nera forse fin dai tempi dell’Africa. Questo per dire che il rap non<br />

proviene da un’area particolare ma è il prodotto della cultura nera e<br />

come tale esiste ovunque siano presenti comunità di colore. Ricordo<br />

di aver esclamato che stavano passando un pezzo handbow alla radio<br />

la prima volta che sentì Rapper’s Delight. Oltre a ciò c’erano i rap da<br />

strada, storie in rima di cui The Signifying Monkey è forse la più nota.<br />

Parliamo di una tradizione di vecchia data nella comunità nera<br />

negli Stati uniti. Non possiamo parlare di cultura <strong>hip</strong> <strong>hop</strong>, queste<br />

però sono state le mie prime esperienze con il rap, inteso come<br />

espressione della tradizione orale afro-americana.<br />

Quando hai deciso di mettere in rima le tue storie e, soprattutto, qual è<br />

l’ispirazione per i tuoi testi?<br />

Quando avevo circa 13 o 14 anni ero andato in fissa per Prince, il<br />

suo stile mi faceva impazzire. Volevo essere come lui, diventare un<br />

cantante famoso. Iniziai a suonare la chitarra e a vestirmi in modo<br />

molto ricercato. Poi qualche anno più tardi un furgoncino pieno di<br />

ragazze si ferma mentre me ne stavo seduto sui gradini e una di loro<br />

mi dice: “Andiamo a manifestare con i lavoratori portuali in sciopero<br />

e poi passiamo alla spiaggia. Vuoi venire con noi?”. In questo modo<br />

ebbi la mia prima esperienza di militanza politica. Quelle ragazze<br />

appartenevano a un gruppo della sinistra radicale, un’organizzazione<br />

comunista giovanile. Iniziai a frequentare le loro riunioni e le<br />

classi di educazione politica. Più approfondivo le mie conoscenze<br />

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