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in cui possiamo salvarti: indice genetico, pixel di punizione, rozzo, regressivo...<br />
Eccoti qua – ora disponi di una bella ered<strong>it</strong>à messa a nuovo. 37<br />
Un’immagine dig<strong>it</strong>ale è riconoscib<strong>il</strong>e dal formato (“.psd”, “.tiff”,<br />
“.jpeg”) cioè dall’algor<strong>it</strong>mo usato per calcolarne la risoluzione (<strong>il</strong> numero<br />
di byte per pixel). Sono questi standard a renderla valida a M<strong>il</strong>ano, Hong<br />
Kong o Buenos Aires. A renderla cioè universale. Un programma come<br />
Photoshop tratta l’immagine indipendentemente dal suo contenuto. Una<br />
volta che l’utente ha appreso e interiorizzato <strong>il</strong> sistema di convenzioni <strong>del</strong><br />
software, tende a considerarlo “normale” o “naturale”, alla stregua di altre<br />
tecnologie di uso quotidiano. Ma che cosa succederebbe se i formati<br />
<strong>del</strong>le immagini, anziché essere universali, indicassero – come suggerisce<br />
Her<strong>it</strong>age Gold – una qual<strong>it</strong>à propria <strong>del</strong> contenuto <strong>del</strong>l’immagine? Se l’estensione<br />
<strong>del</strong> nostro f<strong>il</strong>e fosse .nazi, .afro, .gay? La standardizzazione e la<br />
possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di scambiare segni si ridurrebbero notevolmente, mettendo in<br />
crisi <strong>il</strong> principio di equivalenza e aprendo la strada a una Babele di<br />
software incompatib<strong>il</strong>i e di scarso valore commerciale.<br />
Her<strong>it</strong>age Gold introduce dunque nel processo macchinico un elemento<br />
culturale scarsamente funzionale al processo stesso. Tuttavia esso non<br />
si lim<strong>it</strong>a a prendersi gioco di un’interfaccia “standard”. Partendo da una<br />
precisa posizione sociale – la Londra multietnica di fine anni Novanta –<br />
Mongrel pone in modo diretto <strong>il</strong> problema <strong>del</strong>l’ident<strong>it</strong>à nel mondo globalizzato.<br />
Condensando simbolicamente mutazioni già in atto nei laboratori<br />
di estetica e ingegneria genetica, Her<strong>it</strong>age Gold prefigura un futuro<br />
in cui <strong>il</strong> corpo verrà sì riprogrammato “in casa”, senza dimenticare le influenze<br />
culturali, sociali e di genere.<br />
Anche <strong>il</strong> Linker un’altro software prodotto nel<br />
1999, nasce da un’esigenza sim<strong>il</strong>e. Mongrel tiene infatti frequentemente<br />
workshop di formazione multimediale nei quartieri di Londra e di Bristol<br />
più disagiati, ma anche nei paesi in cui alcuni membri <strong>del</strong> gruppo<br />
hanno le loro “radici” come Giamaica e Trinidad. L’esigenza condivisa<br />
che emerge da questo lavoro è che “le persone vogliono produrre qualcosa<br />
di bello, dotato di significato ma non vogliono spendere mesi per<br />
apprendere software come Photoshop e Director”. 38 Creati per soddisfare<br />
esigenze professionali specifiche, questi software finiscono per diventare<br />
– con i loro menù barocchi e ridondanti – un ostacolo all’espressione<br />
diretta. Il Linker si pone quindi come “l’equivalente multimediale di una<br />
fotocamera usa e getta”, destinata a chiunque voglia realizzare un discreto<br />
numero di collegamenti a partire da un set di opzioni lim<strong>it</strong>ato. Per avviare<br />
<strong>il</strong> Linker basta creare una mappa-base di nove immagini, cui è pos-<br />
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