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are <strong>il</strong> nostro ego abbandonando le idee obsolete di rappresentazione e<br />

manipolazione? Salteremo a piè pari nel reame <strong>del</strong>la pura comunicazione?<br />

Ci chiameremo ancora “artisti”? 6<br />

In realtà <strong>il</strong> conio <strong>del</strong> termine si sarebbe rivelato un processo tutt’altro che<br />

automatico. I primi lavori di net.art, infatti, erano stati ideati da un<br />

network di artisti geograficamente disseminato, che aveva lavorato fino a<br />

quel momento nell’ombra non preoccupandosi di definire cr<strong>it</strong>icamente<br />

la propria attiv<strong>it</strong>à. Ma nel corso <strong>del</strong> 1996 le cose iniziavano già a cambiare,<br />

<strong>il</strong> numero di persone coinvolte a vario t<strong>it</strong>olo cresceva a r<strong>it</strong>mi esponenziali<br />

e con esso lo sv<strong>il</strong>uppo di un discorso cr<strong>it</strong>ico e autoriflessivo. Sul<br />

Web – tram<strong>it</strong>e liste di discussione come Nettime e Syndicate o s<strong>it</strong>i come<br />

<strong>The</strong> Flying Desk – e in festival come <strong>il</strong> Next Five Minutes di Amsterdam,<br />

cominciava a prendere forma una piccola comun<strong>it</strong>à aperta, un “circo <strong>it</strong>inerante”<br />

in cui proliferavano e si ramificavano reti di relazioni, progetti<br />

collaborativi e momenti di discussione collettiva.<br />

Nel maggio <strong>del</strong> ’96, lo sloveno Vuk Cosic organizzava a Trieste <strong>il</strong> primo<br />

evento internazionale esclusivamente dedicato all’arte di rete, int<strong>it</strong>olato,<br />

programmaticamente, Net Art Per Se. 7 Occasione di incontro per<br />

una ristretta cerchia di aff<strong>il</strong>iati (tra cui i tedeschi Andreas Broeckmann e<br />

P<strong>it</strong> Schultz, l’olandese Walter Van Der Cruijsen, l’<strong>it</strong>aliano Gomma <strong>del</strong>la<br />

rivista “Decoder”, i russi Alexei Shulgin e Olia Lialina e l’inglese Heath<br />

Bunting), <strong>il</strong> festival metteva a fuoco alcuni punti nevralgici <strong>del</strong> dibatt<strong>it</strong>o<br />

sullo statuto <strong>del</strong>la net.art. Ci si chiedeva, per esempio, se fosse davvero<br />

possib<strong>il</strong>e elaborare una forma d’arte specifica per la Rete, se esistesse<br />

un’estetica peculiare, se avesse ancora senso parlare di copie e di originali,<br />

quali fossero i canali di distribuzione dei contenuti. Questioni aperte e<br />

diffic<strong>il</strong>mente archiviab<strong>il</strong>i, che continueranno a rimbalzare nei m<strong>il</strong>ieux<br />

<strong>del</strong>la net.cultura, tracciando <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o di una comun<strong>it</strong>à emergente.<br />

E così, all’inizio <strong>del</strong> 1997, su alcune ma<strong>il</strong>ing list (Nettime in primis) si<br />

accese un intenso dibatt<strong>it</strong>o tra artisti, cr<strong>it</strong>ici e appassionati che rappresentava<br />

una buona cartina di tornasole sullo “stato <strong>del</strong>l’arte” agli albori.<br />

La discussione ruotava intorno al significato da attribuire ai termini<br />

net.art e art on the net: una diatriba apparentemente terminologica, ma<br />

dietro cui si celavano concezioni <strong>del</strong>la Rete diverse, se non diametralmente<br />

opposte. Da un lato la Rete come nuovo mezzo di distribuzione<br />

<strong>del</strong>le informazioni, dall’altro come nuovo mo<strong>del</strong>lo di relazione sociale.<br />

Quando si parla di net.art dobbiamo prendere in considerazione due<br />

aspetti: le reti e le arti. Le reti sono ben più che semplici connessioni tra<br />

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