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sponsorizzato da una nota multinazionale <strong>del</strong>l’elettronica e dalla rivista<br />

tedesca “Spiegel Online”, intendeva celebrare l’estensione <strong>del</strong> museo<br />

nello spazio virtuale, interrogandosi al contempo sui modi in cui i tradizionali<br />

comp<strong>it</strong>i di collezionamento, conservazione e mediazione potessero<br />

essere applicati all’arte in Rete.<br />

Al posto di opere “tradizionali” in formato dig<strong>it</strong>ale, gli artisti erano inv<strong>it</strong>ati<br />

a presentare progetti originali sul tema Internet come materiale e<br />

oggetto. Il bando faceva esplic<strong>it</strong>o riferimento alla net.art e gli artisti ammessi<br />

alla competizione avrebbero ricevuto una password per inserire le<br />

loro opere direttamente sul server <strong>del</strong> museo. Incuranti <strong>del</strong> dibatt<strong>it</strong>o che<br />

si andava sv<strong>il</strong>uppando da quasi un anno, i curatori <strong>del</strong>la competizione<br />

identificavano tout court la net.art con la mera esposizione di materiali<br />

sul Web, senza prendere in considerazione i possib<strong>il</strong>i progetti che si servivano<br />

di altri canali e protocolli di comunicazione.<br />

Visti questi presupposti, l’artista tedesca Cornelia Sollfrank 2 decideva<br />

di partecipare alla competizione con l’intento di metterne in dubbio l’autorevolezza<br />

e di evidenziare l’incompetenza dei curatori. Forte <strong>del</strong> sostegno<br />

<strong>del</strong>la comun<strong>it</strong>à <strong>del</strong>la net.art, Sollfrank iscrisse al concorso duecento<br />

artiste donne f<strong>it</strong>tizie, ciascuna dotata di numero di telefono, di fax e di<br />

un account di posta elettronica funzionante. L’artista ricevette così una<br />

password per ciascuna <strong>del</strong>le donne registrate. Dal canto loro, i curatori<br />

furono soddisfatti <strong>del</strong>l’alto numero di concorrenti (circa 280) e annunciarono<br />

alla stampa una partecipazione di artiste donne che superava i<br />

due terzi <strong>del</strong> totale.<br />

A questo punto, per realizzare effettivamente tutti i progetti presentati,<br />

la Sollfrank avrebbe dovuto sv<strong>il</strong>uppare una mole di lavoro enorme.<br />

Decise allora di affidarsi a un software – chiamato Net.art Generator 3<br />

– che ricombinava pagine Web e f<strong>il</strong>e pescati<br />

quasi casualmente dalla Rete, in base alle parole chiave inser<strong>it</strong>e in un appos<strong>it</strong>o<br />

motore di ricerca. Grazie a questa macchina generatrice di Internet<br />

ready-mades, la Sollfrank produsse in pochissimo tempo i duecento<br />

progetti necessari.<br />

Tuttavia, nonostante l’alta percentuale di possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di v<strong>it</strong>toria, i suoi<br />

sforzi non furono coronati da successo: i due terzi dei partecipanti erano<br />

donne, ma i tre premi in denaro andarono tutti ad artisti di sesso masch<strong>il</strong>e.<br />

Così, nel giorno in cui la commissione annunciò i nomi dei vinc<strong>it</strong>ori,<br />

Sollfrank diramò un comunicato stampa in cui rivelava la vera natura <strong>del</strong><br />

suo intervento, denominandolo ironicamente Female Extension. Esaminando<br />

i progetti, la commissione era rimasta sorpresa dall’enorme quant<strong>it</strong>à<br />

di dati apparentemente priva di senso, ma non aveva afferrato mini-<br />

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