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candidato repubblicano. Non avendo <strong>il</strong> motore di ricerca preferenze pol<strong>it</strong>iche,<br />

risultava diffic<strong>il</strong>e capire come mai “l’infallib<strong>il</strong>e” Google associasse<br />

l’insulto al candidato repubblicano. Sia i responsab<strong>il</strong>i <strong>del</strong> motore, che<br />

gli autori <strong>del</strong> s<strong>it</strong>o si erano affrettati a specificare che la deplorevole burla<br />

non poteva essere ricondotta ad alcun errore o atto malevolo da parte dei<br />

propri impiegati. L’errore, se di errore si poteva parlare, andava dunque<br />

ricondotto a qualcun altro, a un soggetto terzo. L’arcano si era svelato nel<br />

momento in cui HugeDisk Men’s Magazine, un s<strong>it</strong>o satirico di area gay,<br />

aveva dichiarato di avere inser<strong>it</strong>o nelle proprie pagine, insieme ad altri s<strong>it</strong>i,<br />

un link al s<strong>it</strong>o di George W. Bush, contenente le parole “dumb<br />

motherfucker”. Google, a differenza di altri motori di ricerca poggia su<br />

un algor<strong>it</strong>mo chiamato PageRank 2 che tiene in particolare considerazione,<br />

nello st<strong>il</strong>are la sua classifica di pertinenza, i link da e per un s<strong>it</strong>o. Non<br />

potendo però valutare i significati <strong>del</strong>le parole, <strong>il</strong> motore r<strong>it</strong>iene che l’autore<br />

abbia linkato <strong>il</strong> s<strong>it</strong>o con termini coerenti e quindi associa, con matematica<br />

buona fede, <strong>il</strong> linkante con <strong>il</strong> linkato.<br />

L’episodio <strong>del</strong> “dumb motherfucker” non è certo isolato né <strong>il</strong> primo<br />

<strong>del</strong>la serie. 3 Vedremo nel prossimo cap<strong>it</strong>olo come etoy avesse manipolato<br />

già nel 1996 i motori di ricerca per raggiungere obiettivi molto ambiziosi.<br />

Facendo leva su questo genere di ambigu<strong>it</strong>à, Alexei Shulgin lanciò nel<br />

1997 un s<strong>it</strong>o, XXX , che ut<strong>il</strong>izzava l’immaginario pornografico per attrarre e deviare i<br />

flussi di navigazione. Ben consapevole <strong>del</strong> fatto che la fetta più consistente<br />

<strong>del</strong> traffico di Internet è orientata verso s<strong>it</strong>i di contenuto pornografico,<br />

Shulgin ne disegnò uno che si presentava con tutto <strong>il</strong> corredo di icone,<br />

slogan e promesse tipiche <strong>del</strong>l’industria <strong>del</strong> porno: hot pics, hot babes e<br />

così via. Non appena però ci si addentrava nelle pagine interne, alla ricerca<br />

di immagini più “significative”, avveniva l’imprevisto. Cliccando sulle<br />

icone per visualizzarne la versione full size si veniva sbalzati sui primi s<strong>it</strong>i<br />

di net.art e di attivismo che stavano nascendo su Internet. Si finiva cioè<br />

in uno dei s<strong>it</strong>i <strong>del</strong> network cui Shulgin, come artista, faceva riferimento.<br />

Intervenendo sugli hyperlink celati dietro alle fotografie, Shulgin<br />

sfruttava la pornografia per catalizzare e dirottare l’attenzione di un pubblico<br />

che altrimenti non avrebbe mai vis<strong>it</strong>ato i s<strong>it</strong>i di sperimentazione. Da<br />

un punto di vista concettuale, questo tipo di operazione non era certo<br />

una nov<strong>it</strong>à. Azioni sim<strong>il</strong>i erano già state sperimentate dalle avanguardie<br />

<strong>del</strong> Novecento con <strong>il</strong> “deturnamento” dei messaggi pubblic<strong>it</strong>ari e vari<br />

tentativi di appropriazione <strong>del</strong>la cultura di massa e <strong>del</strong> linguaggio ufficiale<br />

dei media. In questo caso, però, l’intervento di Shulgin dimostrava come<br />

tram<strong>it</strong>e Internet fosse possib<strong>il</strong>e eserc<strong>it</strong>are un controllo sulla distribu-<br />

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