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Germania, <strong>il</strong> 28 giugno <strong>del</strong> 1997, dedica un ampio spazio ai nuovi media,<br />

attraverso un’intera sezione denominata Hybrid Workspace. Documenta<br />

X sancisce quindi l’avvenuto riconoscimento ist<strong>it</strong>uzionale <strong>del</strong>la net.art,<br />

includendo nel catalogo ufficiale una serie di lavori inerenti la Rete, fortemente<br />

voluti dalla curatrice Catharine David. Lo spazio espos<strong>it</strong>ivo si caratterizza<br />

come un ambiente asettico, di tipo lavorativo, mentre i progetti<br />

di artisti come Jodi vengono trasfer<strong>it</strong>i sul disco fisso <strong>del</strong> computer. In questo<br />

modo si ev<strong>it</strong>a che i vis<strong>it</strong>atori possano surfare liberamente – facendo<br />

saltare i s<strong>it</strong>i selezionati dai curatori – ma si sottrae la net.art al suo medium<br />

originario. Questa opera di decontestualizzazione riceve diverse cr<strong>it</strong>iche,<br />

e l’Hybrid Workspace si trasforma soprattutto in uno spazio per le polemiche.<br />

Il fallimento di Documenta X non significa, però, che <strong>il</strong> rapporto tra<br />

net.art e ist<strong>it</strong>uzioni artistiche sia esaur<strong>it</strong>o. In alcuni casi, come vedremo<br />

tra breve, <strong>il</strong> museo punta sull’esibizione esclusivamente online. In altri<br />

presenta complesse interfacce tra mondo fisico e mondo <strong>del</strong>la Rete, in altri<br />

ancora le separa nettamente. 1 Nella maggior parte dei casi, <strong>il</strong> concetto<br />

di esibizione sarà rimpiazzato da festival in cui la presentazione dei lavori<br />

verrà affidata agli artisti stessi e a una serie di workshop pratici.<br />

In ogni caso, anche la net.art, malgrado alcune dichiarazioni di estrane<strong>it</strong>à<br />

e di alter<strong>it</strong>à (“Ci chiameremo ancora artisti?” si domandava Shulgin<br />

nel ’96) si appresta a un inev<strong>it</strong>ab<strong>il</strong>e confronto con <strong>il</strong> sistema <strong>del</strong>l’arte<br />

e con le sue ist<strong>it</strong>uzioni. Una contraddizione ered<strong>it</strong>ata dalle avanguardie<br />

storiche, ma che viene affrontata in modo meno dialettico e frontale di<br />

quanto non avessero fatto le avanguardie più pol<strong>it</strong>icizzate. I net.artisti,<br />

infatti, sembrano avere chiari fin dall’inizio i meccanismi di funzionamento<br />

e di autoleg<strong>it</strong>timazione <strong>del</strong> sistema <strong>del</strong>l’arte e li usano smaliziatamente<br />

per attaccarlo e contaminarlo dall’interno. Molti di loro si faranno<br />

quindi carico di espandere <strong>il</strong> ventaglio di estensioni possib<strong>il</strong>i, rimettendo<br />

continuamente in discussione i confini <strong>del</strong>la nascente disciplina e<br />

rifiutando de facto di di essere confinati in uno dei tanti sottogeneri <strong>del</strong>l’arte<br />

contemporanea. Una <strong>del</strong>le tecniche di spaesamento più comuni è<br />

quella <strong>del</strong> gioco ident<strong>it</strong>ario, di cui forniamo diversi esempi in questo cap<strong>it</strong>olo.<br />

Female Extension<br />

Nel febbraio <strong>del</strong> 1997 <strong>il</strong> Museo d’arte contemporanea di Amburgo annunciava<br />

<strong>il</strong> bando di concorso per Extension, la prima competizione internazionale<br />

di net.art promossa da un corpo ist<strong>it</strong>uzionale. L’evento,<br />

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