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struosi per giovani ragazzi (i “ragazzi <strong>del</strong> fiume”). Come doll/gashgirl/ghost,<br />
non è una donna naturale, ma piuttosto una copia/“essenza” postumana<br />
che emerge dagli abissi <strong>del</strong>la società patriarcale. Anche se è una bambola,<br />
non è liscia ed omogenea come Barbie; è fer<strong>it</strong>a, uccisa, violata, piena di<br />
fantasie di potere e di perd<strong>it</strong>a di controllo, di cum, di scopare e uccidere, di<br />
essere scopata ed essere uccisa. 22<br />
Nello spazio <strong>del</strong>la bambola si snodano ed eruttano anarchicamente diverse<br />
linee di fuga, che sono altrettanti stadi <strong>del</strong>l’essere o <strong>del</strong>la coscienza.<br />
Le esperienze-lim<strong>it</strong>e <strong>del</strong> LambdaMoo e le voci remote o sepolte di amici,<br />
amanti e sconosciuti si intrecciano come figurazioni di Doll Yoko. La<br />
bambola parla ed esiste attraverso di loro, loro prendono voce attraverso<br />
di lei, come in un r<strong>it</strong>o voodoo. C<strong>it</strong>tà come Pietroburgo, Verona, Kyoto,<br />
diventano spazi sospesi nel tempo, inab<strong>it</strong>ati o percorsi da soli fantasmi.<br />
Manifestazioni efemere che evocano <strong>il</strong> potere <strong>del</strong> non-detto, di ciò che è<br />
stato rimosso e addomesticato dalla ragione economica, e che sono <strong>il</strong> vero<br />
f<strong>il</strong>o conduttore di tutto l’ipertesto. È in questo contesto che entra in<br />
gioco la poesia degli zapatisti: “Siamo i morti che camminano” dice <strong>il</strong><br />
subcomandante Marcos. “Non avevamo una voce, un volto, un nome, un<br />
domani. Non esistevamo” le fa eco <strong>il</strong> maggiore Ana Maria <strong>del</strong>l’Eserc<strong>it</strong>o<br />
zapatista di liberazione nazionale.<br />
Da questo strale, sv<strong>il</strong>uppato in collaborazione con Ricardo Dominguez,<br />
nascerà Los Dias Y Las Noches de Los Muertos <br />
una narrazione multipla non interattiva<br />
che, suddivisa in cinque frame che refreshano asincronicamente, fa collidere<br />
diverse visioni <strong>del</strong> mondo. Da un lato le favole e la ricerca di una nueva<br />
realidad da parte degli indios <strong>del</strong> Chiapas, dall’altro i progetti visionari di<br />
m<strong>il</strong><strong>it</strong>arizzazione spaziale <strong>del</strong>l’Us Space Command, una neonata agenzia<br />
governativa per <strong>il</strong> coordinamento <strong>del</strong>le attiv<strong>it</strong>à di eserc<strong>it</strong>o, marina, aviazione<br />
e Nasa. Nel mezzo, <strong>il</strong> paesaggio decadente <strong>del</strong>la c<strong>it</strong>tà industriale, le strategie<br />
di guerra di Napoleone e le icone marcescenti o sfav<strong>il</strong>lanti <strong>del</strong> potere,<br />
dai decrep<strong>it</strong>i Donald Duck alle vetrine <strong>del</strong>la V Avenue di New York, i<br />
broker di Wall Street, i bombardamenti Nato in Kosovo, la morte di Carlo<br />
Giuliani. L’impiego di materiali misti, come foto dig<strong>it</strong>ali, scansioni di collage<br />
cartacei, campionamenti sonori <strong>del</strong> subcomandante Marcos e di testi di<br />
strategia di Napoleone, ne fanno un lavoro multistrato e aperto alla reinterpretazione.<br />
Del resto, Los Dias nasce dalla collaborazione di un network<br />
di persone ramificato tra New York, Roma, A<strong>del</strong>aide e <strong>il</strong> Chiapas. Tra queste,<br />
ci sono la romana Agnese Trocchi 23 e la newyorkese Diane Ludin, con<br />
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