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Le azioni <strong>del</strong> Teatro di disturbo elettronico (Edt) erano potenti connettori<br />
temporali, che favorivano la convergenza di migliaia di impulsi decentrati.<br />
In questo tipo di performance, <strong>il</strong> collettivo inv<strong>it</strong>ava a riappropriarsi<br />
<strong>del</strong>la proiezione elettronica <strong>del</strong> proprio corpo (<strong>il</strong> data-body), già<br />
espropriata dalla trasmissione centralizzata. Il netstrike non puntava<br />
dunque a danneggiare la struttura fisica di un server, ma a rallentarne le<br />
procedure, producendo un disturbo che permettesse di percepire e intravedere<br />
qualcos’altro.<br />
In questo senso, se un’incursione di cracking cost<strong>it</strong>uisce una forma di<br />
attacco fisico a un server, <strong>il</strong> netstrike praticato dall’Edt si colloca tra la<br />
sfera semantica o sintattica. Per comprendere questa distinzione basta<br />
analizzare la prima versione <strong>del</strong>l’interfaccia <strong>del</strong> Floodnet. La parte bassa<br />
<strong>del</strong>la finestra è qui divisa in tre riquadri, da cui vengono sped<strong>it</strong>i brevi<br />
messaggi di testo al server scelto come bersaglio. Messaggi che sono <strong>del</strong>le<br />
semplici domande, come “Is justice.html on this server?”. Il server interpellato<br />
– per esempio quello <strong>del</strong> Governo messicano – cerca <strong>il</strong> documento<br />
in questione e, non trovandolo, risponde: “justice.html is not found on<br />
this server”. Oppure: “Is democracy.html on this server?”. Risposta:<br />
“Democracy.html is not found on this server”. Uno dei classici giochi<br />
concettuali <strong>del</strong>la net.art, come <strong>il</strong> 404, veniva dunque riut<strong>il</strong>izzato tatticamente<br />
all’interno di un quadro differente.<br />
Il netstrike diveniva dunque un sintagma, un lemma in grado di connettere<br />
le discorsiv<strong>it</strong>à di diverse comun<strong>it</strong>à: le intuizioni “formali” <strong>del</strong>la<br />
net.art, le istanze etico-sociali <strong>del</strong>l’attivismo e la capac<strong>it</strong>à di forgiare strumenti<br />
propria <strong>del</strong>l’hacking.<br />
Accanto alla valenza sintattica ve ne era una più propriamente semantica<br />
o simbolica, direttamente mutuata dalla f<strong>il</strong>osofia zapatista. “Sono gli<br />
zapatisti – spiega Dominguez – ad aver spostato l’attenzione dalle parole<br />
per la guerra (“words for war”) alle parole come guerra (“words as<br />
war”)”.<br />
La guerra è reale, ma può essere vinta non con le armi reali, ma con<br />
quelle <strong>del</strong>l’immaginazione, <strong>del</strong> gioco e <strong>del</strong> racconto. Questo è <strong>il</strong> disturbo<br />
elettronico. Una guerra di spettri, prodotta con uno strumento di scarsa<br />
efficacia materiale (<strong>il</strong> Floodnet), ma che se ut<strong>il</strong>izzato creativamente può<br />
innescare un vero dramma, o una nuova matrice performativa, cui partecipano<br />
i ribelli, la cyber-polizia, i media e via dicendo.<br />
Tuttavia non sempre le proprietà semantiche e sintattiche <strong>del</strong> Floodnet<br />
erano sufficientemente chiare o in grado di persuadere tutte le comun<strong>it</strong>à<br />
di riferimento. In particolare, mano a mano che <strong>il</strong> netstrike otteneva<br />
un’attenzione crescente da parte dei media, la comun<strong>it</strong>à hacker mantene-<br />
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