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Come abbiamo visto nel primo cap<strong>it</strong>olo, etoy aveva fatto <strong>del</strong>l’estetica<br />

corporate e virtuale <strong>il</strong> cardine di un progetto artistico e comunicativo che<br />

comprendeva la creazione <strong>del</strong>le etoy.SHARES e l’identificazione totale con<br />

<strong>il</strong> proprio domain name. Tuttavia la sentenza <strong>del</strong>la corte californiana aveva<br />

effetto immediato sul suolo americano. Essendo la corporation americana<br />

Network Solutions l’unica detentrice dei dir<strong>it</strong>ti di registrazione dei<br />

domini .com, <strong>il</strong> gruppo austro-svizzero si trovò immediatamente senza s<strong>it</strong>o<br />

e, sebbene la sentenza non ne facesse menzione, anche senza la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à<br />

di ut<strong>il</strong>izzare le proprie caselle di posta elettronica.<br />

In risposta alla sentenza, etoy decideva di “puntare” momentaneamente<br />

<strong>il</strong> s<strong>it</strong>o su un numero Ip e di chiamare alla mob<strong>il</strong><strong>it</strong>azione gli attivisti<br />

<strong>del</strong>la Rete per riconquistare <strong>il</strong> proprio dominio originario. All’appello rispondevano<br />

i principali gruppi operativi nel campo <strong>del</strong> sabotaggio creativo<br />

di Rete nonché diversi server e network dedicati alla net.art e all’attivismo,<br />

come ®ark, <strong>The</strong> <strong>Thing</strong>, Rhizome, Nettime, l’Electronic Disturbance<br />

<strong>The</strong>ater, Hell.com. Nel giro di poche settimane questi e una miriade<br />

di altri gruppi avrebbero dispiegato un ampio ventaglio di azioni di<br />

disturbo e di trovate imbarazzanti. Già ai primi di dicembre, su iniziativa<br />

di ®ark, i newsgroup degli azionisti di eToys venivano intasati da numerosi<br />

messaggi che li inv<strong>it</strong>avano a disimpegnarsi da un’azienda ormai in<br />

caduta libera. Nel solo mese di dicembre, la corporation perdeva più <strong>del</strong><br />

50% <strong>del</strong> valore nominale <strong>del</strong>le sue azioni: un crollo da tre m<strong>il</strong>iardi di dollari,<br />

dovuto forse a ragioni indipendenti, ma che veniva immediatamente<br />

“rivendicato” dagli attivisti.<br />

Alla fine <strong>del</strong> mese, inoltre, <strong>il</strong> s<strong>it</strong>o toywar.com era online. Disegnata<br />

con lo st<strong>il</strong>e inconfondib<strong>il</strong>e <strong>del</strong>la etoy.CORPORATION, la piattaforma<br />

Toywar simulava un vero e proprio wargame virtuale. Scopo <strong>del</strong> gioco<br />

era quello di distruggere la eToys corporation azzerandone <strong>il</strong> valore <strong>del</strong>le<br />

azioni. Ogni navigatore che si registrava sul s<strong>it</strong>o veniva arruolato in un<br />

eserc<strong>it</strong>o di soldatini formato Lego, dotati di radio trasm<strong>it</strong>tenti e con <strong>il</strong> potere<br />

di arruolare altri combattenti. Tra le varie funzional<strong>it</strong>à, la piattaforma<br />

permetteva di pubblicare f<strong>il</strong>e mp3, guadagnare etoy.SHARES, inviare<br />

messaggi ai dirigenti <strong>del</strong>la eToys, leggere i “reportage di guerra” e pubblicare<br />

link ai s<strong>it</strong>i di supporto (alla fine <strong>del</strong>la battaglia saranno più di duecentocinquanta).<br />

Il s<strong>it</strong>o non offriva solo un’efficace rappresentazione<br />

simbolica <strong>del</strong>l’arte <strong>del</strong>la connessione praticata globalmente, ma era anche<br />

una sorta di cervello pulsante in cui la creativ<strong>it</strong>à diffusa <strong>del</strong>la Rete<br />

poteva crescere e moltiplicarsi. Come scriverà uno dei suoi maggiori artefici,<br />

Rheinold Grether, la Toywar era un nuovo tipo di scultura sociale,<br />

plasmato attraverso gli strumenti <strong>del</strong>l’era dig<strong>it</strong>ale:<br />

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