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zione <strong>del</strong> messaggio stesso. Non si trattava più di deturnare la pubblic<strong>it</strong>à,<br />
come avevano fatto gli artisti pop o i s<strong>it</strong>uazionisti, né di creare falsi giornalistici<br />
(famosi quelli <strong>del</strong> giornale satirico “Il Male” negli anni Settanta)<br />
o radiofonici (<strong>il</strong> finto sbarco dei marziani di Orson Welles), ma di aprire<br />
dei canali comunicativi e di interazione con aree di pubblico che ut<strong>il</strong>izzavano<br />
lo stesso mezzo ma per scopi differenti. La scommessa era quella di<br />
non chiudersi all’interno di circu<strong>it</strong>i autoreferenziali, ma di contaminarli<br />
intrecciando diverse discorsiv<strong>it</strong>à.<br />
D’altra parte, l’intervento sul link non era sempre di tipo falsificatorio.<br />
In alcuni casi, esso tendeva a svelare ciò che la superficie <strong>del</strong> browser nasconde,<br />
associando le parole linkate direttamente ai nomi <strong>del</strong>le Url. Nel<br />
progetto Linkx , lanciato nel 1996,<br />
Alexei Shulgin pubblicava una lista di parole di uso comune quali, “link,<br />
welcome, information, money, start”. Ogni link <strong>del</strong>l’elenco rimandava non<br />
a un s<strong>it</strong>o sull’informazione, i soldi, quanto a server, <strong>il</strong> cui dominio era<br />
, , , e via dicendo. In altri termini Linkx mostrava banalmente come le<br />
parole <strong>del</strong> cyberspazio non siano solo portatrici di significati, ma abbiano<br />
anche un valore sul piano dei significanti, in quanto nomi dei server. Il dominio<br />
<strong>del</strong> server è la prima informazione che <strong>il</strong> browser ut<strong>il</strong>izza nel momento<br />
in cui gli chiediamo di individuare un s<strong>it</strong>o. Sebbene questo indirizzo<br />
abbia un nome espresso in caratteri alfabetici, esso è associato a un numero<br />
Ip (Internet Protocol, per esempio 0.255.123.43) che identifica univocamente<br />
la macchina-server che stiamo cercando. I codici <strong>del</strong>le macchine<br />
sono numerici, ma vengono alfabetizzati tram<strong>it</strong>e <strong>il</strong> Domain Name System<br />
(Dns) affinché li si possa memorizzare più fac<strong>il</strong>mente. Questa sovrapposizione<br />
tra i codici alfanumerici e <strong>il</strong> linguaggio naturale crea dei “salti<br />
quantici” nei processi di attribuzione <strong>del</strong> senso. Il net.artista gioca con<br />
queste ambigu<strong>it</strong>à linguistiche degli assemblaggi macchinici, mostrando ciò<br />
che le cosiddette interfacce user friendly nascondono.<br />
Abbiamo già visto come molti movimenti di sperimentazione avessero<br />
già intrapreso, ut<strong>il</strong>izzando altri media, percorsi di ricerca che la net.art<br />
trasferirà, mutatis mutandis, nel contesto <strong>del</strong>la Rete. Negli anni Sessanta,<br />
la poesia concreta aveva impiegato le parole e le lettere come elementi<br />
grafici e p<strong>it</strong>torici, nel tentativo di liberare i segni dalla sintassi e dai processi<br />
di significazione preassegnati dalla cornice linguistica. Nel solco di<br />
quelle esperienze, Shulgin si mise alla ricerca di tutte quelle Url che producessero<br />
un tipo di assonanza particolare. Ne naque <strong>il</strong> progetto Abc<br />
con cui l’artista russo proponeva quattro<br />
diverse modal<strong>it</strong>à di rappresentare un collegamento ipertestuale. Nel<br />
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