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Progetto Co.Al.Ta. II Sintesi dei risultati - Cra

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GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 163<br />

Premessa<br />

L'attribuzione di una popolazione numericamente<br />

molto ridotta a un tipo genetico antico, sul quale<br />

non sono possibili acquisizioni provenienti dalla<br />

genetica molecolare, è sempre molto difficoltosa.<br />

Mancando una base genetica di riferimento il percorso<br />

di accertamento della sopravvivenza della<br />

razza deve necessariamente seguire vie più complesse<br />

e orientate in diverse direzioni: analisi storica;<br />

testimonianze scritte o orali; rilievi morfologici<br />

sui presunti superstiti e loro confronto con il<br />

materiale iconografico esistente e con i dati biometrici<br />

reperibili in letteratura riguardanti la razza;<br />

analisi genetiche <strong>dei</strong> presunti superstiti confrontate<br />

con quelle di razze ancora esistenti, vicine dal<br />

punto di vista fenotipico e/o geografico, per escludere<br />

l'appartenenza <strong>dei</strong> superstiti alle stesse, come<br />

semplici ecotipi locali. Questo approccio è stato<br />

seguito anche per la razza suina Macchiaiola<br />

maremmana.<br />

L'analisi storica<br />

<strong>Co</strong>me tutte le antiche razze suine italiane, ampiamente<br />

rappresentate fino alla prima metà del secolo<br />

scorso, la Macchiaiola deriva da materiale genetico<br />

autoctono, con successiva, parziale introgressione<br />

genetica di suini orientali. Informazioni ottenute<br />

da reperti osteologici di siti neolitici ubicati<br />

nell'alto Lazio e in Toscana sembrano suggerire<br />

una domesticazione locale di cinghiali che escluderebbe<br />

l'introduzione di maiali coevi già domestici,<br />

caratterizzati da parametri somatici diversi<br />

(<strong>Ta</strong>gliacozzo, 2002). <strong>Co</strong>n l'affermarsi della civiltà<br />

Etrusca, l'allevamento del maiale divenne predominante<br />

su quello delle altre specie e anche dopo l'occupazione<br />

romana l'allevamento in Toscana continuò<br />

a basarsi soprattutto sui suini, con sistemi di<br />

allevamento intensivi nelle aree suburbane ed<br />

estensivi nelle foreste quercine di pianura o nei<br />

boschi misti di collina. Dopo la caduta dell'Impero<br />

<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 163<br />

Un'antica razza da salvare: il maiale Macchiaiolo maremmano<br />

Giorgetti 1 , Gallai S 1 , Ciani F 2 , Sargentini C 1 , Lorenzini G 1 , Tocci R 1<br />

1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università<br />

degli Studi di Firenze.<br />

Via delle Cascine, 5 - 50144 FIRENZE . Tel . +390553288356<br />

E-mail alessandro.giorgertti@unifi.it<br />

2 <strong>Co</strong>nSDABI (<strong>Co</strong>nsorzio per la Sperimentazione, Divulgazione e<br />

Applicazione di Biotecniche Innovative) - National Focal Point<br />

FAO - Benevento<br />

Fig. 1. Maiali di razza Macchiaiola<br />

Romano, la forte contrazione <strong>dei</strong> coltivi a vantaggio<br />

<strong>dei</strong> boschi offrì spazio abbondante all'allevamento<br />

brado, soprattutto suino (Ciani, 2003),<br />

retaggio dell'allevamento estensivo dell'epoca<br />

romana e prediletto dai Longobardi. I maiali<br />

medievali, progenitori delle razze autoctone italiane<br />

erano abbastanza diversi da quelli della precedente<br />

epoca romana e assomigliavano di più ai cinghiali,<br />

a causa del frequente accoppiamento fra<br />

scrofe domestiche e verri selvatici che numerosi<br />

popolavano ovunque gli habitat toscani. Nella<br />

seconda metà del XV<strong>II</strong> secolo maiali orientali furono<br />

importati in Italia per essere incrociati con le<br />

popolazioni suine primitive indigene; il successivo<br />

esteso meticciamento che si diffuse in tutto il paese<br />

dette origine a varietà locali, le vere progenitrici<br />

delle attuali razze autoctone.<br />

La Macchiaiola maremmana moderna e il<br />

suo recupero<br />

La Macchiaiola maremmana fino agli inizi del XX<br />

secolo era diffusa in tutta la Toscana e Mascheroni<br />

ne descrive le caratteristiche morfologiche e i principali<br />

parametri biometrici (Mascheroni, 1927).<br />

Negli anni '30 la razza fu anche incrociata, a scopo<br />

di sostituzione, con la Cinta senese, ma fortunatamente<br />

la sostituzione non fu integrale. E' stato così<br />

possibile avviare un percorso di studio, indagine e<br />

ricerca volto a: 1) verificare la corrispondenza<br />

morfologica tra i soggetti recuperati e il materiale<br />

iconografico e scritto relativo alla razza; 2) preparare<br />

standard fenotipici aggiornati, attraverso rile-

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