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Le Giornate del Cinema Muto 2005 Sommario / Contents

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<strong>del</strong>l’aristocrazia e l’ascesa sempre più irresistibile <strong>del</strong>la borghesia<br />

industriale.<br />

Pubblicato nel 1882, <strong>Le</strong> maître des forges conosce una rapida fortuna<br />

(tanto da divenire l’opera di maggior successo <strong>del</strong> suo autore), e già<br />

due anni lo stesso Ohnet ne appronta una versione teatrale. La<br />

definitiva consacrazione <strong>del</strong> soggetto avviene però grazie al cinema:<br />

dal 1914 (anno di The Iron Master, diretto da Travers Vale) al 1958<br />

(con Il padrone <strong>del</strong>le ferriere di Anton Giulio Majano) sono almeno<br />

cinque i film che si rifanno direttamente al romanzo <strong>del</strong>lo scrittore<br />

francese, sfruttando la semplice e lineare costruzione drammatica<br />

<strong>del</strong> contrasto tra due classi sociali e <strong>del</strong>le peripezie che nel finale le<br />

porteranno a conciliarsi.<br />

Anche la Itala Film e Eugenio Perego sembrano scegliere il soggetto<br />

di Il padrone <strong>del</strong>le ferriere per cercare un successo che, alimentato da<br />

un testo noto e amato dal pubblico, trova in Pina Menichelli il suo<br />

elemento di maggiore attrazione commerciale. Perego, che inizia la<br />

sua carriera cinematografica come sceneggiatore e occasionalmente<br />

attore per poi esordire alla regia nel 1915 presso la Milano Film,<br />

aveva già diretto la diva in Il giardino incantato (1918) <strong>del</strong>la<br />

Rinascimento. L’investimento che la Itala Film operò per lanciare Il<br />

padrone <strong>del</strong>le ferriere fu notevole: la campagna pubblicitaria sulle<br />

riviste specializzate iniziò ben un anno prima <strong>del</strong>l’uscita <strong>del</strong> film,<br />

creando presto una spasmodica attesa tanto tra coloro che avevano<br />

apprezzato il romanzo, tanto tra coloro che non attendevano altro<br />

che di leggere il nome <strong>del</strong>la Menichelli per riempire le sale:<br />

d’altronde, come nota nel 1919 Tito Alacci in <strong>Le</strong> nostre attrici<br />

cinematografiche studiate sullo schermo, non si andavano a vedere i film<br />

<strong>del</strong>la Menichelli per assistere a un dramma o a una commedia, ma<br />

“per sentirsi <strong>del</strong>iziare i sensi dalle sue pose procaci, per inebriare gli<br />

occhi e lo spirito di visioni… peccaminose”. E se nelle critiche coeve<br />

al film Amleto Novelli è l’attore più ammirato per la sobrietà e la<br />

misurata eleganza con cui ha saputo costruire il personaggio <strong>del</strong><br />

padrone <strong>del</strong>le ferriere Filippo Derblay, il pubblico – come rileva La<br />

vita cinematografica <strong>del</strong> 15 febbraio 1920 – “attratto dal fatidico<br />

nome <strong>del</strong> dramma conosciutissimo, non ha guardato tanto per il<br />

sottile. Ha vissuto sullo schermo le scene <strong>del</strong> teatro e <strong>del</strong>la lettura,<br />

e si è commosso, ha ammirato il fascino <strong>del</strong>la Menichelli, ed in tal<br />

modo, il film, discreto, è passato nelle conversazioni e nei racconti<br />

come cosa perfetta!”<br />

Sebbene accolto da un notevole successo di pubblico, la reazione <strong>del</strong>la<br />

critica a Il padrone <strong>del</strong>le ferriere non fu unanime.Tralasciando i giudizi<br />

più entusiasti, che magnificano le capacità attoriali e la sensualità <strong>del</strong>la<br />

diva de Il fuoco e di Tigre reale, le recensioni positive sottolineano<br />

l’omogeneità e l’organicità <strong>del</strong>l’insieme <strong>del</strong> film: viene apprezzato il<br />

sobrio lavoro di adattamento e messa in scena, la recitazione sempre<br />

calibrata sulla tipologia dei personaggi interpretati e, “per la sua<br />

tecnica perfetta e per un senso d’arte non comune”, si loda<br />

particolarmente il lavoro <strong>del</strong>l’operatore Antonio Cufaro.<br />

La semplicità <strong>del</strong>l’intreccio, spesso percepita come un valore<br />

positivo, è il primo aspetto sul quale le critiche <strong>del</strong>l’epoca pongono<br />

129<br />

l’accento. Sostanzialmente negativo è il giudizio di La vita<br />

cinematografica <strong>del</strong> 22 settembre 1919: la rivista torinese, sebbene<br />

sottolinei come “<strong>del</strong>la letteratura drammatica e popolare, Il Padrone<br />

<strong>del</strong>le Ferriere di Giorgio Ohnet è uno dei meno ingrati esemplari e<br />

dei più divulgati volumi”, rileva tuttavia come la riduzione operata da<br />

Giuseppe Maria Viti sia “troppo schematica e succinta, scarsa di<br />

episodi e di particolari, e per contro abbondante di didascalie”. Il<br />

secondo punto su cui si focalizzano i giudizi negativi è la recitazione.<br />

L’accusa più comune che viene mossa agli attori è di aver creato<br />

personaggi vuoti, che non corrispondono nei caratteri fondamentali<br />

e nelle sfumature a quelli <strong>del</strong> romanzo, già per sé fortemente<br />

schematici e contraddistinti da una psicologia elementare.Anche alla<br />

diva protagonista non si risparmiano critiche: sempre La vita<br />

cinematografica scrive che «il film non ha niente di straordinario, se<br />

ne togli l’interpretazione di Pina Menichelli, la quale interpretazione<br />

è poi, pur troppo, un pessimo luogo comune».<br />

In questo senso, anche Il padrone <strong>del</strong>le ferriere – a prima vista – può<br />

sembrare un “luogo comune”: il soggetto non offre molti spunti, i<br />

personaggi mancano di complessità e si definiscono semplicemente<br />

nei loro tratti emotivi più manifesti; i valori di critica sociale, con<br />

l’opposizione di una borghesia operosa ed illuminata a<br />

un’aristocrazia feudale ormai priva di scrupoli e moralità, sono un<br />

puro pretesto per creare un contrasto drammatico che faccia<br />

smuovere una vicenda in realtà priva di tensione.<br />

Ma dietro la sua relativa semplicità il film di Perego è in realtà<br />

un’opera importante per almeno due motivi: il primo, di tipo<br />

strutturale, riguarda il tentativo di messa in scena di un mo<strong>del</strong>lo<br />

drammatico capace di abbandonare l’azione, gli eventi e di<br />

concentrarsi unicamente sui personaggi; il secondo, direttamente<br />

influenzato dal primo, è relativo alla convivenza di tipologie di<br />

recitazione diverse e divergenti. Così l’esile trama così spesso<br />

criticata diviene il punto di partenza per la creazione di un film che,<br />

ancor prima di personaggi, è di attori: ciò che realmente conta è la<br />

presenza magnetica <strong>del</strong>la Menichelli, garante di un erotismo diffuso<br />

e legato intensamente al carattere orgoglioso e sprezzante di Clara<br />

de Beaulieu e, in ruolo di opposizione, la recitazione “sottotono” di<br />

Novelli, capace di riequilibrare ogni eccesso <strong>del</strong>la partner, sfruttando<br />

al meglio il contrasto apparentemente insanabile tra i due<br />

protagonisti. – FABIO PEZZETTI<br />

Il restauro<br />

Il restauro de Il padrone <strong>del</strong>le ferriere è stato realizzato dal Museo<br />

Nazionale <strong>del</strong> <strong>Cinema</strong> di Torino, e dalla Cineteca <strong>del</strong> Comune<br />

Bologna a partire due copie su supporto nitrato conservate presso<br />

la Cineteca <strong>del</strong> Comune di Bologna, Lobster Films e da un<br />

frammento proveniente dal Filmmuseum di Amsterdam. <strong>Le</strong><br />

didascalie italiane mancanti sono state ricostruite sulla base dei<br />

documenti di produzione <strong>del</strong> film conservati presso il Museo<br />

Nazionale <strong>del</strong> <strong>Cinema</strong>. Il restauro è stato eseguito presso il<br />

laboratorio l’Immagine Ritrovata nel <strong>2005</strong>. – DAVIDE POZZI<br />

FUORI QUADRO<br />

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