12.06.2013 Views

Le Giornate del Cinema Muto 2005 Sommario / Contents

Le Giornate del Cinema Muto 2005 Sommario / Contents

Le Giornate del Cinema Muto 2005 Sommario / Contents

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Davide Turconi, il profeta <strong>del</strong> muto<br />

Davide Turconi, padre fondatore e primo direttore <strong>del</strong>le <strong>Giornate</strong> <strong>del</strong> <strong>Cinema</strong> <strong>Muto</strong> e decano degli storici italiani di cinema, è scomparso il 27 gennaio<br />

scorso alla veneranda età di 94 anni (era nato a il 17 gennaio 1911). Il suo nome è noto al di fuori <strong>del</strong>l’Italia soprattutto per una monografia su Mack<br />

Sennett (la prima in assoluto), rimasta per molto tempo l’unico studio specializzato riguardante the King of Comedy, per la sua pionieristica retrospettiva<br />

(1984) dedicata a Thomas H. Ince – uno dei registi a lui più cari – e per una monumentale filmografia <strong>del</strong>la Vitagraph pubblicata dalle <strong>Giornate</strong> nel 1987.<br />

C’erano pochi intimi ai suoi funerali, ma un addio <strong>del</strong> genere è in un certo senso coerente con la personalità di un uomo umile e discreto, indifferente<br />

all’effimero richiamo <strong>del</strong>la gloria in una disciplina che per sua natura non richiama l’attenzione dei mass media.<br />

Ho avuto la fortuna di conoscere Turconi dal lontano 1978, quando Angelo R. Humouda, direttore di quella fucina culturale che fu la Cineteca Griffith di<br />

Genova, mi accompagnò con il suo furgoncino verde Volkswagen nella minuscola località pavese in cui Davide avrebbe ispirato un nuovo corso negli studi<br />

sul cinema muto e insegnato a tanti – me compreso – la difficile arte <strong>del</strong>la ricerca sui documenti d’epoca e la passione per il cinema muto. La sua<br />

esperienza nella valorizzazione <strong>del</strong> cinema muto risale tuttavia a molti anni prima, agli Incontri <strong>Cinema</strong>tografici di Grado (1970-1972), primo esperimento<br />

di quella formula che avrebbe poi trovato piena realizzazione a Pordenone, e prima ancora alla Mostra <strong>del</strong> <strong>Cinema</strong> di Venezia (con le retrospettive Sennett<br />

nel 1961 e Keaton nel 1963). Ricordo spesso due <strong>del</strong>le sue espressioni favorite: la prima era una risposta all’incredulità degli americani che non capivano<br />

come un italiano potesse realizzare filmografie più precise <strong>del</strong>le loro: “è semplice”, diceva con modestia, “ho consultato tutte le rubriche <strong>del</strong>le lettere ai<br />

direttori <strong>del</strong>le riviste, quelle in cui si chiedevano informazioni su attrici e attori in minuscole parti dei film”; l’altra era il suo caveat di sempre – hic sunt<br />

leones, il motto (desunto dalle prime descrizioni cartografiche di terre sconosciute) che amava utilizzare parlando <strong>del</strong>le allora innumerevoli lacune nella<br />

nostra conoscenza <strong>del</strong> cinema <strong>del</strong>le origini.<br />

Mi ritengo ancor più fortunato per aver trascorso con Davide lunghe e appassionanti ore in treno nei viaggi notturni sulla linea che da Genova portava a<br />

Pordenone, dove le <strong>Giornate</strong> <strong>del</strong> <strong>Cinema</strong> <strong>Muto</strong> avevano cominciato a crescere sotto la sua guida. Col senno di poi, avrei dovuto portare con me un<br />

registratore per catturare le infinite storie raccontate da Davide in quelle insonni traversate lungo la pianura padana dopo le riunioni <strong>del</strong> comitato direttivo<br />

<strong>del</strong> festival. Storie di cinema, naturalmente, dalle avventure editoriali <strong>del</strong> periodico <strong>Cinema</strong> alla scoperta <strong>del</strong>la collezione Joye in Svizzera, restaurata in<br />

gran parte dietro il suo impulso, alla sua intuizione <strong>del</strong>la necessità di dar vita a un’Associazione Italiana per gli Studi di Storia <strong>del</strong> <strong>Cinema</strong> (nata grazie<br />

a lui nel 1964); ma anche storie personali e qualche volta intime, come la sua partecipazione alla Resistenza, la sua passione per la letteratura francese,<br />

l’attività quotidiana per l’Azienda <strong>del</strong> Turismo di Pavia che gli procurava di che vivere. Fra una stazione e l’altra, Davide dava espressione al suo talento<br />

di raconteur di prima classe. In mezzo a commenti sulle pagine <strong>del</strong> Moving Picture World e giudizi trenchant sulle molte storie <strong>del</strong> cinema scritte senza<br />

un’adeguata ricognizione <strong>del</strong>le fonti d’epoca spuntavano osservazioni sul ruolo dei cattolici nella lotta contro il fascismo, affascinanti aneddoti sulle<br />

cineteche nell’immediato dopoguerra, idee su retrospettive da organizzare a Pordenone negli anni a venire.<br />

Quando le <strong>Giornate</strong> <strong>del</strong> <strong>Cinema</strong> <strong>Muto</strong> erano ancora alle prime armi e i suoi giovani organizzatori non sapevano bene che pesci pigliare, si andava tutti da<br />

Davide. Era come catturare le trote con le mani, perché sapevamo benissimo che ci saremmo ritrovati sulla corriera che portava da Montebello <strong>del</strong>la<br />

Battaglia alla stazione ferroviaria di Voghera con un carnet pieno di note, spunti, iniziative che aspettavano solo di prendere forma tangibile. Insieme alle<br />

idee, Davide era prodigo di informazioni. Definirlo un generoso (si dice sempre così di una persona scomparsa) è un imperdonabile eufemismo: se altri<br />

si preoccupavano di mantenere il controllo <strong>del</strong> sapere nella terra incognita che era il cinema <strong>del</strong>le origini, lui ti metteva in mano fotocopie di rari<br />

documenti, annate di vecchie riviste, libri che nessun altro avrebbe potuto trovare nell’Italia di allora. E non esigeva mai niente in cambio, se non di<br />

condividere con lui l’entusiasmo che lo animava da sempre e che gli ha garantito una così lunga e serena esistenza.<br />

Con il sopraggiungere <strong>del</strong>la vecchiaia, Davide si trasformò gradualmente da primus motor <strong>del</strong>la storiografia <strong>del</strong> cinema nell’oggetto di tesi di laurea<br />

e di interviste. Poi si diradarono anche quelle. Preoccupato per la salute <strong>del</strong>la moglie (che sarebbe scomparsa un anno prima di lui), aveva<br />

abbreviato e poi definitivamente interrotto le sue escursioni a Pordenone. Aveva ceduto la sua insuperabile biblioteca di cinema alla Provincia di<br />

Pavia, che aveva promesso di metterla a disposizione <strong>del</strong> pubblico. A ben guardare, l’obbligo morale che Davide aveva chiesto di onorare riguarda<br />

tutti noi. Davide non ci ha dato soltanto gli strumenti necessari a studiare il cinema con criteri scientifici; nell’indicarci così tante strade da<br />

percorrere, ci ha dato anche e soprattutto una lezione di onestà intellettuale. È giunto il momento di ricambiarlo. Da questo punto di vista, la morte<br />

di Davide non rappresenta la fine di un’epoca quanto l’inizio di una nuova missione. Non la sentiamo come un debito nei riguardi di un maestro,<br />

bensì come una responsabilità da onorare nel nome di un amico. – PAOLO CHERCHI USAI<br />

Martedì 11 ottobre, in omaggio a Davide saranno presentati rari film a colori <strong>del</strong>la collezione Joye (si veda la sezione “Eventi speciali”, pp. 32-34).

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!