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Le Giornate del Cinema Muto 2005 Sommario / Contents

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Fino a questi primi titoli Artcraft, l’ultimo film “piccolo” associato al<br />

nome di Griffith era stato The Avenging Conscience <strong>del</strong> 1914. I primi<br />

Artcraft distribuiti, sicuramente due piccoli film se paragonati a Hearts<br />

of the World, erano tuttavia nobilitati dall’importanza e dall’attualità dei<br />

loro temi attinenti alla guerra. A Romance of Happy Valley rappresentava<br />

una nuova tendenza, e già dalla campagna di lancio che accompagnò<br />

l’uscita <strong>del</strong> film si intuisce che né l’organizzazione di Griffith né la<br />

Artcraft sapevano bene come presentarlo. Il principale richiamo<br />

commerciale, naturalmente, era affidato al nome di Griffith (come<br />

peraltro stabiliva il contratto tra lo stesso Griffith e Zukor); poi però,<br />

nella stampa di categoria e nei poster destinati all’affissione nelle sale<br />

si proponevano due strategie abbastanza contraddittorie (ma forse<br />

complementari, in quanto si rivolgevano a due fasce di pubblico<br />

distinte). La prima enfatizzava (in modo abbastanza paradossale) la<br />

novità di un piccolo film “alla vecchia maniera” <strong>del</strong> maestro: ‘“Una<br />

amichevole, piccola storia di gente <strong>del</strong> Kentucky’ ecco le parole con<br />

cui D.W. Griffith descrive il suo nuovo film Artcraft. Un po’ come<br />

definire il Woolworth Building ‘una linda capannuccia’ (…) Con il suo<br />

genio egli ci mostra la grandezza e la meschinità di persone comuni<br />

poste davanti a un bivio”. (The Moving Picture World, 8 febbraio 1919).<br />

La seconda strategia puntava sull’emozionante finale a suspense:<br />

“Pubblicate in anticipo un annuncio sul vostro programma di sala, in<br />

cui si chiede a tutti coloro che andranno a vedere A Romance of Happy<br />

Valley di non rivelare agli amici i dettagli <strong>del</strong>la scena madre”;“Sicuro, il<br />

ragazzo ama la ragazza. Ma anche un uomo malvagio la ama! Il corso<br />

<strong>del</strong> vero amore è duramente ostacolato in A Romance of Happy Valley<br />

– ma i due giovani trionferanno e il malvagio avrà il fatto suo!”.<br />

(Exhibitor’s Trade Review, 1° febbraio 1919).<br />

In nessuna <strong>del</strong>le recensioni, dove era il primo aspetto <strong>del</strong> film a<br />

prevalere, si fece mai cenno al fatto che si trattava di un ‘corto’<br />

Biograph ‘gonfiato’ a 6 rulli, rimprovero che probabilmente sia il<br />

produttore sia i distributori temevano. Anzi, al film vennero<br />

riconosciute tutte le qualità di un Biograph migliorate dai progressi<br />

sopravvenuti in ambito cinematografico da quando Griffith aveva<br />

lasciato quella società.Vale la pena di citare per esteso la recensione<br />

di Wid Gunning (da Wid’s, 2 febbraio 1919):“La guerra è finita. Griffith<br />

ha smobilitato i suoi soldati, convertito le trincee in campi di<br />

granoturco e ha accatastato i fucili negli arsenali per tornare in mezzo<br />

a persone semplici e pacifiche i cui problemi e le cui lotte nascono<br />

all’interno dei loro cuori. E, più superbamente che mai, ripropone<br />

l’incomparabile suggestione dei suoi film <strong>del</strong> passato. Ripensate per un<br />

istante ai primi Biograph di Griffith; poi considerate il grande<br />

progresso acquisito dalle tecniche cinematografiche, la padronanza<br />

espressiva raggiunta da attori quali Lillian Gish e Bobby Harron, la<br />

ulteriore maestria artistica <strong>del</strong> regista e immaginate una versione<br />

lussuosa di uno dei suoi piccoli capolavori e potrete farvi un’idea <strong>del</strong><br />

tipo di film che è stato distribuito sotto il titolo di A Romance of Happy<br />

Valley”.<br />

Edward Weitzel (The Moving Picture World, 8 febbraio 1919)<br />

condannava invece l’infelice commistione di melodramma e idillio (pur<br />

92<br />

riconoscendo che non tutti potevano vederla allo stesso modo): “La<br />

prima metà <strong>del</strong>la storia è uno studio di caratteri incantevole per<br />

virtuosismo e verità. Poi sopraggiunge un drastico mutamento di tono,<br />

che cala sul film come una tempesta di neve a giugno. E per molti<br />

spettatori sarà altrettanto sgradevole. Il racconto, finora armonico e<br />

coerente, si muta d’un tratto in un vivace melodramma, con relative<br />

rapina di banca e tema <strong>del</strong>la ‘fattoria-con-ipoteca’ oltre al tentativo da<br />

parte <strong>del</strong>l’anziano Logan di assassinare e derubare uno straniero che<br />

si rivela essere suo figlio. Il modo in cui la vicenda si risolve, con il<br />

bandito ferito che si sostituisce al figlio fuggito dal paese sette anni<br />

prima per cercare fortuna in città, potrà anche convincere buona<br />

parte degli spettatori, ma non tutti”. Solo il recensore di Variety, Jolo,<br />

(31 gennaio 1919) approvava – o per lo meno non metteva in<br />

discussione – la commistione di generi: “A Romance of Happy Valley è<br />

una storia semplice di vita bucolica (…). La vicenda prosegue<br />

tranquillamente fino all’ultimo rullo, poi prende una piega tragica e<br />

morbosa, la cui ombra cupa si dissolve con un avvincente finale a<br />

sorpresa”.<br />

Oltre che per il suo finale “melodrammatico” e gli espedienti<br />

romanzeschi, il film si allontana dal semplice racconto bucolico anche<br />

per un altro fattore: la forza allegorica che attribuisce ai personaggi e<br />

alle istanze morali di cui si fanno carico. Il film, naturalmente, fa ampio<br />

ricorso ai sottili simbolismi tipici <strong>del</strong> periodo Biograph di Griffith – si<br />

veda in particolare la sequenza di Mrs. Logan che accarezza il cavallino<br />

di legno (presumibilmente un giocattolo d’infanzia <strong>del</strong> figlio) montata<br />

in parallelo con la sequenza newyorchese di John Jr. che cerca di far<br />

nuotare la rana giocattolo; o il gesto ripetuto di John Sr. che apre e<br />

chiude il suo temperino, la prima volta quando la sua fortuna comincia<br />

a vacillare e in risposta a un’allusione maligna di Vinegar Watkins, la<br />

seconda mentre aspetta nella cucina ascoltando i rumori <strong>del</strong> ricco<br />

straniero <strong>del</strong> piano di sopra che si prepara per andare a letto. Ma il<br />

film mostra anche un simbolismo più pomposo e scoperto nelle figure<br />

di Vinegar Watkins e Old Lady Smile, che sono realisticamente<br />

motivate come personalità tipiche <strong>del</strong>la Happy Valley (l’occupazione di<br />

Vinegar Watkins non è molto chiara, almeno da quanto emerge da<br />

questa copia e dalla sinossi, mentre Old Lady Smiles figura come<br />

guardiana <strong>del</strong>la barriera <strong>del</strong> ponte) pur se la loro funzione nella storia<br />

si limita a rappresentare, rispettivamente, un’allegoria <strong>del</strong> pessimismo<br />

e <strong>del</strong>l’ottimismo (o come afferma il testo di una didascalia, LA<br />

BATTAGLIA DEL CIPIGLIO E DEL SORRISO). Parimenti, il rapinatore<br />

<strong>del</strong>la banca, necessario per sostituire John Jr. nel finale a sorpresa, è<br />

anche il tentatore che cerca di convincere Jennie a rompere la<br />

promessa di fe<strong>del</strong>tà fatta a John, e i credits nell’elenco <strong>del</strong>le didascalie<br />

e sulla copia (dove il personaggio si chiama semplicemente “Judas”,<br />

mentre nell’elenco <strong>del</strong>le didascalie apparso su The Moving Picture<br />

World, 25 gennaio 1919, veniva chiamato “L’uomo di città”) e la<br />

didascalia che lo introduce (UN DISCENDENTE DI GIUDA<br />

ISCARIOTA VISITA IL VICINATO) attribuisce eccessiva importanza a<br />

quello che in fin dei conti è solo un corteggiatore <strong>del</strong> tutto rispettoso<br />

e un criminale di mezza tacca. Questo tipo di pomposità non è insolito

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