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Pri<strong>mo</strong> pianoVenti di crisi sulcomparto agroalimentaredi Pierfranco rioAlimentare, per laprima volta iniziano acalare occupazione einvestimenti, la crisi deiconsumi in 5 anni habruciato 20 miliardi.r<strong>Foodmeat</strong><strong>Foodmeat</strong><strong>Foodmeat</strong><strong>Foodmeat</strong>oma. Nonostante la relativatenuta della produzione(-1,4 per cento) e la buona rispostadell’export (+8 per cento), ilsettore inizia a pagare le conseguenzedi una crisi che dura ormaida troppi anni. Complice la lentaerosione dei consumi interni, chein 5 anni ha tagliato ben 20 miliardidi euro alla spesa alimentare,nel 2011-2012 il settore ha vistoun calo dei livelli occupazionali(circa 5000 posti di lavoro), mentresono scese dal 58 per cento al45 per cento le imprese che effettuerannoinvestimenti per il prossi<strong>mo</strong>biennio. Anche per colpa diun accesso al cred<strong>it</strong>o sempre piùdifficoltoso...Ferrua: «Questo settore, simbolodel made in Italy, invece di esseresostenuto e difeso in unacongiuntura così difficile è oggettodi una pressione fiscale tra lepiù elevate della storia. No all’aumentodell’Iva al 22 per cento ealle tasse di scopo, Si a lotta alla<strong>Foodmeat</strong> 40 maggio 2013contraffazione, Si al sostegno alleesportazioni, Si ai progetti di educazionealimentare».Immaginate 10 anni senza maiandare al cinema o senza comprarepiù smartphone e tablet.O, se prefer<strong>it</strong>e, 2 anni di fila senzaacquistare e leggere nemmenoun libro o 3 senza nemmeno unapart<strong>it</strong>a di calcio… Solo con questiparagoni, forse, ci si può rendereconto dell’astronomico am<strong>mo</strong>ntaredei tagli alla spesa alimentareregistrati degli ultimi 12 mesi: unforse non appariscente -3 per cento,che corrisponde però, in valore,a quasi 7 miliardi di euro.Percentuale che liev<strong>it</strong>a a -10 percento se prendia<strong>mo</strong> in esame gliultimi 5 anni, con dispense e frigoriferipiù “leggeri”, in questo caso,di ben 20 miliardi di euro. Proseguendonella comparazione, inquesto caso è come se per 10mesi si fossero chiuse le frontiereal turis<strong>mo</strong> straniero e il sistemaPaese non avessero incassatoneppure un euro da questo business,v<strong>it</strong>ale per la nostra economia,o come se per un anno emezzo non si fosse più andati alristorante e in pizzeria!Nel 2012 l’industria alimentare,secondo settore produttivo dopoil manifatturiero, paga un prezzosempre più alto al protrarsi dellacrisi, che alla recessione deiconsumi nazionali aggiunge sfidesempre più ardue sui mercatiesteri. E, alle soglie del 2013, arrivanotre concreti segnali di preoccupazioneper la compet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>àdel settore, con valori di segno negativosul fronte degli investimenti(dal 58 per cento al 45 per centoFilippo Ferrua Magliani, presidente diFederalimentare.Segue a pag 42➥

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