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Pri<strong>mo</strong> pianoLa crisi produce la ricercadi prodotti meno costosidi Marco PederzoliQuest’anno si prevedeun aumento dei consumidi pasta a scap<strong>it</strong>o dialtri generi alimentari.Crescono i consumi dellecarni bianche,mentre lecarni rosse continuanoa presentare una forteinstabil<strong>it</strong>à.Maurizio Gardini, presidente di Fedagri eConfcooperative.R<strong>Foodmeat</strong><strong>Foodmeat</strong><strong>Foodmeat</strong><strong>Foodmeat</strong>oma Gli effetti della crisi economicasi avvertono anche, e forse soprattutto,a tavola. Secondo Coldiretti, già un <strong>it</strong>alianosu tre ha abbandonato l’ab<strong>it</strong>udine al pranzocompleto, mangiando al suo posto soloun piatto unico,spesso pasta e più di radoun piatto di carne o di salumi. E le previsioniper il 2013 non fanno che confermare inprogressione questa tendenza: si prevede unaumento del consu<strong>mo</strong> di pasta dell’1,1 percento rispetto al 2012.«Solo il 18 per cento – spiega Coldiretti –dichiara di fare quotidianamente un pranzocompleto con un pri<strong>mo</strong>, un secondo, un contornoe un dolce o un frutto. All’opposto, invece,sono il 9 per cento gli <strong>it</strong>aliani che mangianosolo un frutto o uno yogurt o un gelato,mentre il 4 per cento addir<strong>it</strong>tura niente.L’abbandono del pranzo completo è confermatadal 24 per cento di <strong>it</strong>aliani che si lim<strong>it</strong>anoa consumare un secondo di carne accompagnatodal contorno e dal 9 per cento chepreferisce un panino, un pezzo di pizza o untramezzino. E se le portate spariscono, è anchevero che la pasta primeggia. Un <strong>it</strong>alianosu tre infatti si riempie con piatti abbondantidi pasta. Con la crisi, per il 32 per cento degli<strong>it</strong>aliani il pasto si riduce esclusivamente adun piatto di pasta che sazia di più e costa dimeno. L’Italia ha il primato <strong>mo</strong>ndiale nel consu<strong>mo</strong>di pasta, che ha raggiunto circa i 26chili a persona, tre volte superiore a quello diuno statun<strong>it</strong>ense, di un greco o di un francese,cinque volte superiore a quello di un tedescoo di uno spagnolo e sedici volte superiorea quello di un giapponese».«Con la crisi si assiste – prosegue la Coldiretti– ad un profondo cambiamento nelle ab<strong>it</strong>udinialimentari degli <strong>it</strong>aliani, che tendono aframmentare durante il giorno la propria alimentazione,che in passato vedeva il pranzoe la cena come protagonisti indiscussi.Un duro colpo alla divisione classica dei pastiviene dai r<strong>it</strong>mi di lavoro, con 7,7 milioni di<strong>it</strong>aliani che si portano al lavoro il cibo preparatoin casa e di questi sono oltre 3,7 milioni<strong>Foodmeat</strong> 86 maggio 2013a dichiarare di farlo regolarmente. La distanzatra l’ab<strong>it</strong>azione ed il luogo di lavoro ed unadiversa distribuzione degli orari di lavoro hannospinto <strong>mo</strong>lti <strong>it</strong>aliani a mangiare fuori casama hanno anche favor<strong>it</strong>o la destrutturazionedei pasti».In un simile contesto, come se la passanogli altri principali generi alimentari? Solo leuova registrano un segno pos<strong>it</strong>ivo (+0,4 percento), mentre sono in calo il pesce fresco(-3,4 per cento), il vino (-3 per cento) e la frutta(-1,9 per cento). La carne è anch’essa indiminuzione, ma con differenze significative.Le carni bianche hanno infatti conosciuto negliultimi mesi un aumento del 2-3 per centoin volume; ora il loro andamento apparestazionario, ma non occorre dimenticare che,all’inizio della crisi, erano cresciute a doppiacifra. Continua invece l’instabil<strong>it</strong>à delle carnirosse,con una negativ<strong>it</strong>à che va dal -3 al-5 per cento. «Parallelamente – rileva tuttaviaMaurizio Gardini, presidente di Fedagri eConfcooperative – si registra una sostanzialetenuta di alcune nicchie di valore, quali lecarni Igp e quelle biologiche, prerogativa diuna fascia di consumatori con maggiore capac<strong>it</strong>àdi spesa».Assieme ai generi alimentari, sono mutateradicalmente negli ultimi tempi anche le ab<strong>it</strong>udinidi spesa degli <strong>it</strong>aliani. A confermarlo èsempre Gardini, che spiega: «Il consumatoretende ad acquistare generalmente di meno ea non sprecare il prodotto; la controprova èil calo della raccolta dei rifiuti urbani, segnoche finiscono sempre meno scarti alimentarinella pattumiera». A tale tendenza si sommanoquelle di ricercare sempre più i prodotti inpro<strong>mo</strong>zione, ad acquistare confezioni più piccolee a rivolgersi sempre più massicciamenteverso il «private label», ovvero la marca privata.Ulti<strong>mo</strong> ma non per importanza, si registraun divario sempre più marcato tra norde sud Italia, con quest’ultima parte della Penisolache sembra avvertire maggiormente lacontinua erosione del potere d’acquisto della<strong>mo</strong>neta unica.n

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