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Tiere furlane 3 - Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

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102 •<br />

sassello (sgrîsul), oggi tanto<br />

ricercato, fino agli anni Sessanta<br />

del Novecento non venisse preso<br />

in alcuna considerazione.<br />

La chiusa o muta<br />

(mude)<br />

Si tratta dell’antica pratica di<br />

porre gli uccelli da richiamo<br />

all’oscurità da aprile a luglio con<br />

una mutazione delle piume. Praticamente<br />

si simulava il prolungamento<br />

della stagione invernale in<br />

modo da ritardare il canto primaverile<br />

degli amori (zornâ), differendolo<br />

a settembre/ottobre (per<br />

le cesene/zenevròns addirittura<br />

a dicembre) allorché iniziava il<br />

“passo” e, di conseguenza, anche<br />

il periodo dell’uccellagione.<br />

Terminato il periodo di caccia o<br />

cattura, la batteria dei richiami<br />

veniva messa a riposo: ovviamente<br />

non tutte le specie assieme,<br />

ma ciascuna nel momento in cui<br />

era terminato il relativo “passo”.<br />

I richiami venivano valutati<br />

per quanto avevano reso sotto<br />

l’aspetto canoro nella stagione<br />

appena trascorsa e, se meritevoli,<br />

erano messi a riposo, in caso<br />

contrario erano lasciati liberi.<br />

Normalmente i presicci dell’annata<br />

non venivano messi alla<br />

chiusa, ma posti in voliere per<br />

poi scegliere tra loro a primavera<br />

quelli più canori.<br />

Gli uccelli che avevano già fatto<br />

la chiusa l’anno precedente venivano<br />

riposti in gabbioni a quattro<br />

o cinque scomparti e collocati<br />

in una stanza ben arieggiata ed<br />

asciutta con una discreta luminosità.<br />

Nella prima quindicina di aprile<br />

si iniziava a coprire i gabbioni<br />

con dei teli scuri in modo da<br />

diminuire la luminosità al loro<br />

interno, fino ad eliminare la luce<br />

nell’arco di una decina di giorni.<br />

A quel punto anche le finestre<br />

venivano oscurate.<br />

Ovviamente gli uccelli presicci<br />

che nella stagione precedente<br />

avevano manifestato buone doti<br />

canore, ma non avevano conosciuto<br />

la muta, venivano posti<br />

alla loro prima muta.<br />

Alcuni preferivano porre i richiami<br />

già chiusati in un camerino<br />

con il pavimento cosparso di<br />

sabbia, liberi di muoversi a loro<br />

piacimento, per rimetterli poi<br />

nelle proprie gabbie dopo la<br />

muta delle piume.<br />

Parussulis di chês<br />

di Pordenon<br />

Pubblicità per la Sagra dei Osei di<br />

Sacile nello Strolic furlan del 1935.<br />

Giandomenico Ciconj diede alle stampe il volume Udine e la sua Provincia<br />

nel 1861. Si tratta di un’opera molto informata e molto colta nella quale,<br />

nondimeno, si accenna anche all’avifauna nei suoi aspetti utilitaristici.<br />

Abbiamo, così, seppur in una prosa che mescola nomi scientifici e nomi<br />

vernacolari, un elenco delle specie più comunemente catturate all’epoca:<br />

“Pochissime specie d’uccelli non domestici sono permanenti nella provincia,<br />

la maggior parte sono di passaggio, o dimoranti solo l’estate. In<br />

maggior copia vengono prese colla caccia le quaglie, le varie allodole, le<br />

calandre e tordine, varie specie di motacille, fra cui i coderossi, il culetto,<br />

la cutrettola, de’ fringuelli specialmente il celebre, il finco, il montano, il<br />

cardellino, il lugarino, il fanello, i passeri; varie specie di tordi, varie di<br />

lozie, fra cui il frigione e il gufoletto; alcune di emberize, fra cui gli ortolani<br />

e i cippi; e finalmente vi abbondano le diverse cingallegre, che nelle gole<br />

dei monti di Gemona, e nei dintorni di Pordenone pigliansi a centinaja”.<br />

Le “cingallegre” sono “cinciallegre” nell’italiano attuale, e parussulis in<br />

friulano; quelle di Pordenone sono catalogate tra Lis siet raritâts dal Friûl<br />

dal nostro poeta Pietro Zorutti (1792 - 1867); ma lo sguardo ammiccante<br />

di sar Pieri potrebbe anche farci propendere per un’ironica metafora...

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