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Tiere furlane 3 - Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

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80 •<br />

cuni anziani intervistati e da uno<br />

scritto di Giuseppe Costantini del<br />

1941 dove si asserisce che “da<br />

qualche anno si coltiva in aiole”.<br />

A ulteriore suffragio in Gortani<br />

1906, 403 leggiamo che questa<br />

specie si trova nei “luoghi erbosi<br />

e maggesi dalla regione mediterranea<br />

alla montana”, mentre non<br />

si fa cenno ad una sua coltivazione,<br />

fatto che per altre essenze<br />

è puntualmente segnalato nella<br />

medesima opera.<br />

4. In alcuni casi il Pirona cita<br />

delle varietà interne ad alcune<br />

specie, ad es. per la salàte o<br />

latùie, ma, evidentemente, non<br />

poteva possedere l’attuale concetto<br />

di cultivar, voce inglese da<br />

culti(vated) var(iety) ‘varietà<br />

coltivata’, apparsa nel 1923 e<br />

“ammessa” in italiano solo negli<br />

anni Sessanta del Novecento.<br />

Da attento osservatore qual era<br />

non poteva non notare la differenza<br />

tra i meloni e cita, accanto<br />

a melón, anche il melón rampeghìn,<br />

sempre Cucumis melo,<br />

ma varietà reticulata.<br />

Per il fasûl è forse meno giustifi -<br />

cata, dal punto di vista botanico,<br />

la suddivisione in due specie<br />

distinte (Phaseolus vulgaris e<br />

Ph. nanus), ma certamente la<br />

distinzione è valida dal punto di<br />

vista agronomico.<br />

Non gli sfugge la differenza tra<br />

il fasûl sopraddetto e il fasûl<br />

piçul, differenza botanica, ma<br />

anche storica perchè il primo,<br />

di origine americana, è arrivato<br />

costì nel tardo Cinquecento,<br />

mentre il secondo era già noto<br />

agli antichi Romani.<br />

Sono pure agronomiche e commerciali,<br />

oltrechè botaniche, le<br />

distinzioni varietali fra le tante<br />

Brassica oleracea (bròcul,<br />

Un orologio fatto di fagioli poteva essere pensato solo in Val Pesarina<br />

(Canal Pedarzo) dove orologi e fagioli (Arlois e fasois) convivono da secoli<br />

nell’economia locale. L’originale lavoro è frutto della fantasia, e della<br />

manualità, degli allievi della locale Scuola media; vi fi gurano sette varietà della<br />

leguminosa. Manifestazione Arlois e fasois, 13 settembre 2009.<br />

capùs, caulifl ôr, verze, verzòt).<br />

5. Senza essere storici di orticoltura<br />

è facile dedurre che alcuni<br />

ortaggi all’epoca del Pirona fossero<br />

assai diversi rispetto a quelli<br />

attuali.<br />

Può essere paradigmatico il caso<br />

dei radicchi che ora noi conosciamo<br />

nelle splendide forme dei<br />

croccanti Castelfranco, Treviso,<br />

Lusia, Verona, Chioggia, mentre<br />

ancora nella nostra infanzia erano<br />

rappresentati da foglie non raramente<br />

coriacee, pelose ed amare.<br />

Diversi dovettero essere anche<br />

peperoni, pomodori e carote,<br />

mentre cappucci e verze non<br />

si differenzierebbero molto da<br />

quelli attuali.<br />

Il bròcul, anche a nostra me-<br />

moria, era da foglia, quindi ben<br />

diverso da quello “calabrese”,<br />

simile a un cavolfi ore, a cui ci<br />

siamo abituati in tempi assai<br />

recenti.<br />

Il Pirona non menziona la zucca<br />

da zucchini, limitandosi a dire<br />

che il frutto del cavoçâr o coçâr<br />

(Cucurbita melopepo) si chiama<br />

côce o cavòce o çucje e “se ne<br />

coltivano moltissime varietà”.<br />

Nomi come cocìn, coçùt, cavoçùt<br />

e simili non compaiono<br />

neppure nel Vocabolario friulano<br />

di Jacopo Pirona, curato<br />

tuttavia da Giulio Andrea Pirona,<br />

dato alle stampe nel 1871. Da<br />

ciò possiamo, forse, dedurre che<br />

le zucchine non fossero ancora<br />

note; certamente non avevano

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