Tiere furlane 3 - Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
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20 •<br />
di Poesie scelte edite ed inedite<br />
in dialetto friulano di Ermes<br />
di Colloredo, con aggiunte di<br />
Pietro Zorutti, Fratelli Mattiuzzi,<br />
Udine, 1828.<br />
Po g g i 1930 = Annuario 1927-<br />
1930, Consorzio per la Viticoltura,<br />
Udine, 1930.<br />
ro r at o 2002 = Rorato Giampie-<br />
ro, Il Prosecco di Conegliano-<br />
Valdobbiadene, Morganti, Sona<br />
(VR), 2002.<br />
D i ro va s e n D a 1877 = di Rovasenda<br />
Giuseppe, Saggio di<br />
una Ampelografia universale,<br />
Tipografia Subalpina di Stefano<br />
Marino, Torino, 1877.<br />
Šl e n C 2006 = Šlenc Sergij, Veliki<br />
Non prosecco, bensì Prosecco<br />
slovensko italijanski slovar,<br />
DZS, Ljubljana, 2006.<br />
sa r t o r e l l i 1961 = Sartorelli Emilio,<br />
Bacco in <strong>Friuli</strong>, Avanti cul<br />
brun!, 1961.<br />
ve r t o v C 1844 = Vertovz Matija,<br />
Vinoreja, Lubiana, 1844 (1845).<br />
Ristampa anastatica del 1994. In<br />
lingua slovena.<br />
Un obiettivo prioritario, tanto per la filiera vitivinicola veneta che per quella friulana, è stato quello di<br />
ottenere che il vino “Prosecco” potesse godere della massima tutela contro ogni possibile imitazione. Ciò,<br />
evidentemente, al fine di prevenire iniziative di terzi che, in futuro, potrebbero vanificare gli sforzi sinora<br />
sostenuti per far conoscere ed apprezzare questo vino che figura come un prodotto di tendenza sui più<br />
importanti mercati di consumo.<br />
La recente approvazione del Disciplinare di Produzione della nuova DOC interregionale ha consentito di<br />
raggiungere questo scopo e si spera, tra l’altro, che ciò possa porre un argine al malvezzo di chiamare “prosecco”<br />
qualsivoglia vino bianco con bollicine. Il Prosecco, con la P- maiuscola, ha una storia ben radicata in<br />
un certo territorio, ha ben precise caratteristiche organolettiche, ed è prodotto in un’area geografica ben<br />
precisa, delimitata e circoscritta.<br />
E le cifre parlano chiaro: a una superficie vitata di oltre 11.000 ettari corrisponde un numero di bottiglie,<br />
che si fregiano di Denominazione di Origine, o di Indicazione geografica tipica, aggirantesi sui 160 milioni.<br />
Non può sfuggire a nessuno che il Prosecco, quello con la P- maiuscola, rappresenta, in termini di volume,<br />
e ancor più di valore, una produzione di importanza nazionale.<br />
Il mercato di questo vino, tanto dello spumante che del frizzante, è in continua espansione e, accanto ai<br />
tradizionali estimatori del Nord Europa, si affacciano paesi nuovi, nordamericani ed asiatici, in particolare<br />
quelli dell’Estremo Oriente.<br />
È comprensibile ed umano che il successo del nostro Prosecco faccia nascere l’intento di produrlo nei paesi<br />
a viticoltura emergente (Sud America, Australia, paesi europei non CE) i quali possono giovarsi di costi<br />
inferiori e trovarsi più vicini ai nuovi mercati. Ma non possiamo buttare a mare i risultati sinora ottenuti dai<br />
viticoltori e degli spumantisti veneto-friulani in oltre 50 anni di assiduo lavoro. Ognuno può fare quello che<br />
vuole, ma non può e non deve chiamarlo come vuole.<br />
La DOC con specificazione territoriale ha un chiaro riferimento geografico, amministrativamente delimitato,<br />
che corrisponde alla frazione Prosecco del Comune di Trieste e ha il preciso fine di tutelare dalla concorrenza<br />
sleale i vini “Prosecco” ottenuti nel Veneto e nel <strong>Friuli</strong> <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong>. Le finalità legislative rispondono<br />
a quelle previste all’articolo 1 della legge 164/92, che sono sostenute e suffragate dall’articolo 34 del<br />
regolamento CE n. 479/2008 (OCM vino), relative alle denominazioni di origine e indicazioni geografiche,<br />
in particolare nel paragrafo 2, il quale stabilisce che a determinate condizioni taluni nomi tradizionali<br />
possono identificarsi con una denominazione.<br />
Il vino Prosecco si fa con l’uva del vitigno Prosecco, ma è in itinere la proposta per il cambiamento della<br />
denominazione in Glera. Comunque sia, ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 82/2006 “Disposizioni di<br />
attuazione della normativa comunitaria concernente l’organizzazione comune di mercato (OCM) del vino”,<br />
articolo 2, ha tutti i requisiti per fregiarsi della qualifica di “vitigno autoctono nazionale”, essendo coltivato<br />
sia in Veneto che in <strong>Friuli</strong> <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong> da ben oltre 50 anni: è attestato almeno a partire dal Settecento.<br />
Vanni Tavagnacco