Tiere furlane 3 - Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
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tanza che veniva attribuita alla<br />
cura del prato; così in un documento<br />
dell’Archivio parrocchiale<br />
datato 1751 troviamo uno Stali<br />
dell’acolz in Redrania, e nei<br />
catasti di inizio Ottocento Sotto<br />
l’Accolto, Accolto della Fontana,<br />
Accolto di Langoria, Accolto di<br />
Mont, Accolto di Staulir.<br />
Infine gli stavoli erano un patrimonio<br />
della famiglia che andava<br />
utilizzato, e non solo come ricovero<br />
dai temporali estivi durante<br />
la fienagione. Tanto più che, pare<br />
di capire, il raggiungerli era visto<br />
come una specie di passeggiata.<br />
Stavoli e annessi<br />
Gli edifici in Mont rientravano<br />
essenzialmente in due tipologie:<br />
lo stâli e la casèra. Il primo era<br />
costituito da due piani: il pianterreno<br />
che ospitava le bestie ed<br />
il piano superiore che formava il<br />
fienile (taulât, toulât) che, come<br />
detto, era la camera da letto per<br />
chi pernottava in Mont (durmî<br />
tal fen).<br />
Nel ricovero per le vacche vi era<br />
la trasêf, mangiatoia di legno,<br />
sostenuta da solidi supporti<br />
di pietra; il pavimento era in<br />
acciottolato (cugulât). A volte<br />
vi era un laip ‘abbeveratoio’ di<br />
pietra, talora collegato con la<br />
cisterna dell’acqua (es. Stali di<br />
Gjermano in Stidilût). Una<br />
tromba, buco appositamente<br />
costruito, permetteva la discesa<br />
del fieno dal taulât a la trasêf.<br />
In mancanza di questo accorgimento<br />
il fieno era trasportato dal<br />
taulât alla sottostante stala nel<br />
cos ‘gerla’ utilizzando una scala<br />
(scjala a man di lenc).<br />
La casera poteva essere ad un<br />
piano unico o a due piani; in<br />
quest’ultimo caso nel piano supe-<br />
riore veniva immagazzinata la legna,<br />
di solito raccolta in fassinis,<br />
che doveva essere ben asciutta<br />
per dare quel fuoco veloce che è<br />
ideale per fare il formaggio (per<br />
la caseificazione venivano preferiti<br />
il nocciolo ed il frassino).<br />
Nel piano terreno si accendeva<br />
il fuoco sul fogolâr dotato di<br />
cjadenaç: qui si fabbricava il formaggio<br />
e si preparavano i pasti.<br />
Nelle pause del lavoro, o di sera,<br />
in questo locale si poteva passare<br />
il tempo a chiacchierare, recitare<br />
il rosario e raccontare storie.<br />
La struttura di questi edifici era<br />
formata da grandi pietre squadrate<br />
ad arte, l’architettura era<br />
semplice e funzionale, tanto<br />
tecnicamente efficace che molti<br />
stavoli hanno resistito fino ad<br />
oggi nonostante i terremoti e il<br />
pluridecennale abbandono che<br />
hanno subito. I scalpelins di<br />
Peonis ai erin famôs pa lavorazion<br />
da piera, come attestano<br />
del resto le numerose rostis che<br />
tuttora costeggiano i sentieri e<br />
delimitano i piccoli appezzamenti<br />
di terreno. Tai stalis di Mont ai<br />
son laips intaiâts intun unic<br />
bloc di piera.<br />
La disposizione degli stavoli era<br />
“a schiera”: ciò consentiva di<br />
aggiungere nuove costruzioni per<br />
sistemare via via i nuovi “eredi”.<br />
La loro struttura sociale era,<br />
infatti, su base familiare, come<br />
peraltro è provato dai nomi con<br />
cui erano conosciuti: nomi di<br />
famiglia o di capostipiti familari<br />
(stâi dai Mamui, di Gjerman,<br />
di Denêl, di Filìz, di Manzon,<br />
di Tomadèl, dai Cuçs, di Guri,<br />
di Gudìç, di Menés, dal Blanc,<br />
di Barbon, ecc.).<br />
La casera si trovava in testa alla<br />
fila degli stavoli o era da essi<br />
• 59<br />
Casera a due piani presso gli stavoli<br />
di Stidilût. Nel pianterreno si faceva<br />
il formaggio, ma anche si cucinava e<br />
si socializzava; il piano superiore era<br />
adibito a legnaia. L'immagine è stata<br />
scattata nel giugno 2009.<br />
separata, precauzioni intese a<br />
prevenire il pericolo di incendi.<br />
Forse per il medesimo timore si<br />
riducevano al minimo le parti in<br />
legno come le travature per i soffitti,<br />
ed il legno era di castagno<br />
ben stagionato, una essenza che<br />
è potenzialmente meno infiammabile<br />
di altre.<br />
Un accessorio indispensabile era<br />
la cisterna che raccoglieva l’acqua<br />
piovana: senza di essa non<br />
sarebbe stato possibile tenere<br />
le bestie (richiedevano almeno<br />
20 litri capo/giorno) perchè le<br />
rare fonti perenni in Ledrania<br />
forniscono poca acqua e questa,<br />
evidentemente, era destinata alle<br />
persone. Non si poteva neppure<br />
contare su ruscelli a flusso<br />
perenne.<br />
Fuoco e acqua: a erin dôs lis<br />
pauris di chei di Mont, la paura<br />
dal fûc e la paura di restâ<br />
senza âga e par chest si usavin<br />
pocjis breis e travaduris, ma<br />
di lenc di cjastenâr ben ben<br />
stagjonât, e a si fasevin grandis<br />
cisternis par cjapâ la plôia. ☛