Tiere furlane 3 - Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
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68 •<br />
Nicolò Dean con la sua vacca; Vito<br />
d’Asio, 1955.<br />
e l’opposizione di una parte<br />
della popolazione ostacolarono la<br />
volontà del conte che non potè<br />
veder coronato questo suo<br />
ultimo sogno: egli mancò, infatti,<br />
il 18 luglio 1910.<br />
Malgrado questa grossa occasione<br />
mancata, fino al 1915 l’economia<br />
della Valle si sviluppò fiorente<br />
con gli allevamenti nella parte più<br />
settentrionale e le fonti solforose<br />
che garantivano turismo ad<br />
Anduins. Poi i difficili anni della<br />
guerra, le requisizioni di bestiame<br />
delle truppe austro-ungariche e la<br />
mancanza di un riferimento fondamentale<br />
come il conte Ceconi,<br />
bloccarono lo sviluppo e fecero<br />
ripiombare la zootecnia della Valle<br />
a livelli di pura sussistenza. Durante<br />
la seconda guerra mondiale<br />
cadde anche uno degli ultimi<br />
simboli dello sviluppo zootecni-<br />
co, la malga Ceconi, bombardata<br />
da un treno blindato tedesco da<br />
Flagogna in quanto sospetto covo<br />
di partigiani.<br />
Alla morte del conte l’azienda<br />
finirà per essere venduta dai suoi<br />
eredi a un consorzio composto<br />
dalle famiglie Sostero e Gonano<br />
di Vito d’Asio, che ne detengono<br />
tuttora il possesso.<br />
La malga, pesantemente danneggiata<br />
dal bombardamento, non<br />
venne più ripristinata secondo<br />
l’antica funzione, venendo utilizzata<br />
nei successivi anni come<br />
semplice pascolo. Al termine<br />
del secondo conflitto mondiale<br />
l’arrivo in Valle di un altro<br />
grande imprenditore, l’ing. Carlo<br />
Leopoldo Lualdi, e la contestuale<br />
apertura della fabbrica di ferri<br />
chirurgici denominata LIMA<br />
(Lualdi Industria Meccanica<br />
Anduins), indirizzarono la forza<br />
lavoro locale dal settore primario<br />
a quello secondario.<br />
Lo sviluppo del settore lattierocaseario<br />
regionale diede poi il<br />
La malga di Preone come è oggi.<br />
colpo di grazia alle poche latterie<br />
rimaste, aprendo la fase del loro<br />
inesorabile declino. Declino che<br />
si concluse, come molte delle<br />
storie di queste zone, in un<br />
giorno preciso, il 6 maggio del<br />
1976, quando il terremoto rase al<br />
suolo non solo le case, ma anche<br />
la storia e le vite della comunità.<br />
La rinascita fu lenta e dolorosa e<br />
nel necessario volgersi al futuro,<br />
una delle prime cose a venire<br />
sacrificate fu l’antica vocazione<br />
pastorale della zona. Gli uomini<br />
abbandonarono campi e prati per<br />
trovare posto nelle fabbriche e<br />
quelle superici prative e pascolive<br />
che tanto avevano prodotto di<br />
formaggi e burro vennero completamente<br />
abbandonate. Ciò che<br />
stava faticosamente sopravvivendo<br />
a guerre, carestie e all’avanzare<br />
della modernità, venne<br />
cancellato nei pochi minuti in cui<br />
la terra tremò, e non potè più<br />
risollevarsi, né economicamente,<br />
né demograficamente.