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Tiere furlane 3 - Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

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36 •<br />

Paste<br />

<strong>furlane</strong><br />

Siamo adusi ad esotici nomi<br />

come Barilla, Buitoni, Voiello<br />

e mai penseremmo che pure il<br />

<strong>Friuli</strong> ha partecipato, seppur<br />

del par suo in modo discreto,<br />

alla storia della pasta. Sfogliando<br />

la Illustrazione del<br />

Comune di Udine, curata da<br />

Giuseppe Occioni-Bonaffons<br />

per la gloriosa Società alpina<br />

friulana e data alle stampe nel<br />

1886, ci siamo imbattuti in ben<br />

quattro pastifici, all'epoca denominati<br />

“Fabrica di Paste”.<br />

Quello di Domenico D’Este,<br />

fondato dal di lui padre ancora<br />

nel 1817, risulta avere “un<br />

grande avvenire dietro le spalle”.<br />

Trovandosi, fino al 1866, in<br />

un Impero di ampie dimensioni,<br />

oltre che plurietnico e multiculturale,<br />

i suoi prodotti trovarono<br />

facile e lucroso smercio “in<br />

tutto l’Illirico, fin sotto Trieste,<br />

nell’Istria, a Linz, Presburgo,<br />

Vienna...”.<br />

Ohimè entrammo a far parte di<br />

un Regno di minor respiro e di<br />

sicura miopia commerciale: “I<br />

dazi enormi di esportazione da<br />

parte dell’Italia e d’importazione<br />

da parte dell’Austria dopo il<br />

1866 tolsero ogni via di smercio<br />

al di là del confine, e la grande<br />

produzione delle fabbriche di<br />

Treviso avendo formato una<br />

barriera formidabile sulla via<br />

di <strong>Venezia</strong>, ne nacque che il<br />

movimento commerciale delle<br />

paste si limitò d’un tratto ai<br />

puri bisogni locali”.<br />

Ma non era detta l’ultima parola:<br />

“E tuttavia siccome il riso<br />

va perdendo un po’ di terreno<br />

fra gli alimenti umani, specie<br />

per la classe meno agiata, così<br />

non solo la fabbrica del D’Este<br />

trova modo di resistere, ma<br />

altre due o tre hanno ora vita<br />

abbastanza rigogliosa”.<br />

In effetti la “Fabrica” si rammodernò<br />

completamente nel 1886<br />

“acquistando una caldaia con<br />

motrice verticale di 4 cavalli<br />

della ditta Hindley d’Inghilterra<br />

in guisa che ora può produrre<br />

da 5 a 9 quintali di paste in<br />

sorte al giorno ed il doppio lavorando<br />

anche di notte. Impiega<br />

da 6 ad 8 operai, lavoranti a<br />

giornata, tutto l’anno, esclusi i<br />

dì festivi”.<br />

E i rapporti con l’Impero non<br />

erano completamente interrotti<br />

se “Acquista le farine ed il gries<br />

quasi tutto dai molini di Pest...”.<br />

L’altro pastificio udinese caratterizzato<br />

da una buona produzione<br />

era quello di Giovanni<br />

Franchi. Nel 1880, anno di<br />

fondazione, era una fabbrica<br />

microscopica mossa a mano,<br />

ma solo tre anni dopo assunse<br />

caratteristiche meno artigianali<br />

dotandosi di “un torchio<br />

orizzontale ed uno verticale<br />

non che un mastrino ed una<br />

tagliatrice per paste lunghe, il<br />

tutto mosso con maneggio a<br />

cavalli”. Passano altri due anni<br />

ed ecco che “per accrescere<br />

la produzione, al maneggio a<br />

cavalli sostituì molto opportunamente<br />

una macchinetta<br />

a vapore verticale con caldaia<br />

tubolare annessa, sistema La<br />

Chappelle di Parigi, della forza<br />

di circa 4 cavalli”.<br />

Il pastificio di Giovanni Franchi<br />

poteva produrre da 4 a 8<br />

quintali al giorno di paste in<br />

sorte, vi lavoravano ogni giorno<br />

4 operai e 2 operaie, ma il lavoro<br />

era solo diurno e solo nei<br />

giorni feriali. Lo smercio del<br />

prodotto avveniva tutto in città<br />

e provincia.<br />

I fratelli Molinaris, “panattieri”<br />

in piazza San Giacomo, ebbero<br />

diritto a questo passaggio nella<br />

“Illustrazione” della loro città:<br />

“attivissimi ed economi, senza<br />

aver lo slancio di cento altri tra<br />

noi che afferrarono con mano<br />

molto ardita i capelli della volubile<br />

Dea, sono i migliori dei 24<br />

fornai di Udine”. Non saranno<br />

stati “arditi”, ma certamente<br />

ritennero opportuno “diversificare”,<br />

come si direbbe oggi,<br />

la propria attività: “E siccome<br />

vendono anche paste da anni<br />

parecchi, così nel 1884 pensarono<br />

di associare al panificio<br />

una fabbrica di paste...”.<br />

Occupavano 4 operai per una<br />

produzione di 3 - 4 quintali<br />

di pasta al giorno, quasi tutta<br />

smerciata al minuto e in città.<br />

Giacomo Grifaldi rimane molto<br />

più artigianale, producendo una<br />

piccola quantità di paste, che<br />

però sono definite “buone”, con<br />

un torchio verticale mosso a<br />

mano.

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