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mare monstrum 2002 - Legambiente

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<strong>Legambiente</strong> - Mare <strong>monstrum</strong> <strong>2002</strong><br />

Nelle vecchie tonnare costiere, quelle di Favignana o di Carloforte, la<br />

cattura dei tonni e la relativa mattanza è ormai solo una messa in scena per<br />

turisti annoiati e dallo stomaco forte. In realtà sono pochissimi i tonni che<br />

dall’Atlantico, attraverso lo stretto di Gibilterra, riescono ad arrivare fino alle<br />

coste di Sicilia e Sardegna. La prima pesca la fanno gli aerei che intercettano i<br />

branchi di tonni al largo, ne segnalano la posizione alle tonnare volanti che<br />

stendono le grandi reti a circuizione. Cattura e vendita avvengono al largo, in<br />

acque internazionali, con buona pace dei tentativi di regolamentazione di<br />

questo tipo di pesca.<br />

Qualche anno fa la Commissione Europea (obbligata dall’ICCAT,<br />

l’organismo della Fao per la conservazione dei tunnidi) adottò per il tonno la<br />

politica delle quote, nel tentativo di salvaguardare lo stock del tonno rosso.<br />

Sulla base dei dati prodotti dagli stessi pescatori l’UE assegnò alle<br />

imbarcazioni italiane un tetto massimo di 5000 tonnellate ritenendo che quella<br />

fosse la capacità di pesca della nostra flotta, salvo poi scoprire, secondo stime<br />

più verosimili, che i pescatori tiravano su in realtà oltre 12.000 tonnellate di<br />

tonno. E lo sforzo di pesca sul tonno del Mediterraneo continua ad aumentare e<br />

del resto non potrebbe essere altrimenti, dal momento che i Paesi tenuti a<br />

rispettare le norme comunitarie sono solo 4 dei 22 che si affacciano sul bacino<br />

del Mediterraneo: la flotta tunisina nel giro di qualche anno è passata da 10 a<br />

80 tonnare, la Turchia ha riconvertito alla pesca del tonno i ciancioli utilizzati<br />

per le acciughe, in Marocco proliferano le società miste che utilizzano le reti<br />

derivanti per la cattura dei tonni. Fuori dalle norme ICCAT anche la pesca<br />

praticata dai Paesi terzi, Corea, Taiwan, Belize, Panama, ecc., che seguono i<br />

branchi di tonni con le grandi navi palangriere o da trasporto. I giapponesi<br />

stendono normalmente due palangari in parallelo lunghi oltre 100 chilometri,<br />

spesso oggetto di furti del pescato da parte di imbarcazioni italiane e maltesi<br />

che, in classico stile levantino, recuperano i tonni e provvedono a rivenderli ai<br />

derubati. Nella pesca del tonno ci sta anche questo.<br />

La vicenda del tonno è emblematica: lo stock del tonno è una risorsa<br />

comune per tutti i Paesi del Mediterraneo, ma i tentativi di gestione della<br />

risorsa vengono praticati solo da pochi Paesi. La politica delle quote ha<br />

difficoltà reali d’applicazione. I controlli cartacei vengono elusi facilmente, è<br />

difficile controllare quello che avviene al largo, senza considerare l’impatto<br />

ambientale che le gabbie pare stiano generando. Se c’era bisogno poi di una<br />

conferma sui problemi della politica delle quote, basterebbe andare a vedere<br />

cosa è successo nei Mari del Nord con merluzzo e baccalà per i quali,<br />

nonostante i drastici tagli dello sforzo di pesca, si parla di almeno dieci anni<br />

prima di poter recuperare i danni subiti dagli stocks. Come è già accaduto per il<br />

pesce spada, l’estrema specializzazione verso un tipo di pesca porta alla<br />

progressiva diminuzione della risorsa.<br />

La confusione sopra il <strong>mare</strong> insomma è grande, ma la situazione non è<br />

affatto eccellente. La politica di quote e demolizione per ridurre lo sforzo di<br />

pesca praticata dall’UE diminuisce le flotte, ma non intacca la capacità di<br />

pesca. E del resto non poteva essere altrimenti per strumenti di gestione che<br />

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