mare monstrum 2002 - Legambiente
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<strong>Legambiente</strong> - Mare <strong>monstrum</strong> <strong>2002</strong><br />
tutto da scarichi che, sebbene depurati, non possono certo garantire al corso<br />
d’acqua una qualità accettabile.<br />
Si deve poi sottolineare che molte forme di inquinamento hanno un<br />
carattere diffuso, e richiederebbero perciò, più che interventi di tipo<br />
infrastrutturale o soluzioni tecnologiche puntuali, azioni a monte capaci di<br />
ridurre i carichi inquinanti e di recuperare la capacità depurativa dei corsi<br />
d’acqua attraverso interventi di rinaturalizzazione o mediante altre tecniche di<br />
prevenzione quali l’utilizzo delle cosiddette fasce tampone o il recupero del<br />
terreno agricolo lungo gli argini per l’allagamento in caso di piene.<br />
Il testo unico sulle acque (il decreto legislativo 152/99), che recepisce la<br />
direttiva europea 91/271, definisce anche gli obblighi per l’adeguamento delle<br />
infrastrutture idrauliche di raccolta e smaltimento delle acque reflue urbane.<br />
Per il nostro Paese, l’adeguamento agli standard imposti dall’Unione europea è<br />
anche l’occasione per completare e rendere finalmente efficiente la rete di<br />
depurazione delle acque reflue. Fino ad oggi il problema della depurazione è<br />
stato affrontato con la realizzazione di impianti di depurazione sempre più<br />
grandi e costosi, senza tenere conto delle necessità e delle peculiarità del<br />
territorio italiano: le carenze delle reti fognarie, le esigenze di manutenzione e<br />
di separazione tra acque bianche e nere, un approccio basato su un modello<br />
“diffuso”, che comprenda anche impianti di minori dimensioni soluzioni di<br />
fitodepurazione.<br />
In questo settore così delicato, la prima lacuna da col<strong>mare</strong> è<br />
l’insufficienza di dati su estensione, stato di conservazione e funzionalità sia<br />
delle reti fognarie che degli impianti di depurazione. L’ultimo censimento<br />
nazionale disponibile è quello effettuato nel 1993 dall’Istat, pubblicato nel<br />
1996, da cui risultavano 9806 impianti di depurazione, comprese le fosse<br />
Imhoff e gli impianti privati al servizio di insediamenti turistici e residenziali.<br />
Di questi ben 1236, pari al 12,6% degli impianti e al 6,1% della popolazione<br />
servita totale, al momento del censimento non erano in esercizio. Alla data del<br />
censimento, risultavano in via di realizzazione 1412 nuovi impianti, che una<br />
volta completati avrebbero servito una popolazione equivalente complessiva di<br />
14 milioni di abitanti equivalenti.<br />
Le uniche indagini più recenti sono quella effettuata da Proaqua,<br />
l’istituto di ricerche sui servizi idrici che fa capo a Federgasacqua, riferita a<br />
solo 14 regioni (mancano i dati su Basilicata, Calabria e Val d’Aosta, Liguria,<br />
Sardegna e Sicilia, regioni per le quali si dispone solo di una stima, e il<br />
censimento commissionato dal Ministero dell’Ambiente al Nucleo operativo<br />
ecologico dei Carabinieri che ha interessato il 60% dei Comuni italiani (4899),<br />
corrispondenti però a circa il 93% della popolazione totale residente.<br />
Malgrado la disomogeneità dei dati più aggiornati, tutti gli studi<br />
concordano su una stessa conclusione: l’Italia è caratterizzata da un grave<br />
deficit depurativo, che oscilla dai 29 milioni di abitanti equivalenti stimati dal<br />
censimento Istat, ai 41 milioni dell’indagine di Proaqua. In particolare, secondo<br />
Proaqua 16 milioni di abitanti equivalenti sono allacciati alla rete fognaria ma<br />
non depurati, e i restanti 25 milioni non sono neanche allacciati alla rete. Ciò<br />
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