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mare monstrum 2002 - Legambiente

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<strong>Legambiente</strong> - Mare <strong>monstrum</strong> <strong>2002</strong><br />

comprendono, tra le altre, strutture portuali incongrue sia dal punto di vista<br />

dell’impatto paesaggistico e ambientale, sia per il loro dimensionamento. Si<br />

tratta dei porti di Santa Cesarea Terme, Ugento e Gallipoli.<br />

Nel caso della struttura di Ugento-Torre San Giovanni i posti barca<br />

previsti sono ben 733. Il progetto, però, dopo essere stato approvato dal<br />

Consiglio Comunale è stato bocciato dalla Regione. Per quanto riguarda<br />

Gallipoli, invece, la tipologia di intervento prevede una stazione marittima in<br />

grado di ospitare 650 imbarcazioni, affiancata da spazi espositivi, aggregativi e<br />

di servizio. Nel complesso banchine e moli avranno un’estensione di 2.500<br />

metri e le opere foranee di mille metri. Il contratto di programma per la<br />

realizzazione del porto è in via di completamento, ma il progetto è ancora privo<br />

della valutazione di impatto ambientale. Considerato che i porti di Sibari e<br />

Leuca sono già sottoutilizzati e ultrastagionali, e che ad essi si aggiungerà<br />

quello in programma a Taranto, queste strutture appaiono del tutto slegate da<br />

logiche di mercato, ma volte piuttosto ad alimentare una logica tutta affaristica<br />

e a valorizzare singoli insediamenti privati.<br />

Al di là di questa bozza di pianificazione fioriscono poi, su istanza di<br />

ogni singola frazione “balneare”, tutta una serie di altri approdi di cui pullulano<br />

le coste salentine. Create quasi sempre come semplici scali d’alaggio con<br />

frangiflutti, in seguito queste strutture si trasformano di fatto in porti “abusivi”<br />

da condonare. In altri casi, come quello ormai tristemente famoso del porto<br />

turistico “Marina di Torre Inserraglio”, da realizzarsi nel Comune di Nardò, in<br />

località Serra Cicora, la società che possiede un villaggio turistico propone un<br />

porto per cui l’amministrazione comunale indice immediatamente una delle<br />

famigerate conferenze di servizi, tuttora in corso, per valorizzare la sua<br />

struttura e creare il precedente infrastrutturale per l’urbanizzazione turistica di<br />

un tratto di costa incantevole, non a caso tutelato dall’Unione Europea. Il<br />

progetto del porto di Serra Cicora prevedeva un’area totale d’intervento di<br />

72mila metri quadrati, l’escavazione di un bacino interno di 42mila metri<br />

quadrati, un canale di accesso di 55 metri di lunghezza per 35 metri di<br />

larghezza, due dighe foranee a <strong>mare</strong> lunghe rispettivamente 148 e 15 metri,<br />

oltre ad infrastrutture a terra che comprendono un’area parcheggio per oltre<br />

300 posti auto, strade di collegamento e due edifici per servizi. L’impatto che<br />

una struttura simile avrebbe avuto sull’ambiente circostante sarebbe stata senza<br />

dubbio devastante, e per questa ragione in molti tra associazioni ambientaliste,<br />

politici e privati cittadini si sono attivati per impedirne la realizzazione.<br />

Sardegna: troppi soldi gettati a <strong>mare</strong><br />

L’amministrazione regionale sarda negli ultimi 20 anni ha erogato<br />

finanziamenti a fondo perduto corrispondenti a più di 600 miliardi di lire di<br />

oggi per la realizzazione di porti turistici, senza riuscire tuttavia ad innescare<br />

un reale processo di sviluppo. Forse in nessuna regione come in questa, infatti,<br />

i soldi pubblici sono stati sperperati in decine di interventi inutili nella migliore<br />

delle ipotesi, ma spesso dannosi e convenienti solo per chi doveva speculare<br />

sulla costa. Un’indagine curata dall’ingegner Bussetti, un esperto del settore<br />

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