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mare monstrum 2002 - Legambiente

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1. Premessa<br />

<strong>Legambiente</strong> - Mare <strong>monstrum</strong> <strong>2002</strong><br />

La “pianificazione urbanistica contrattata”, ovvero come ridisegnare il<br />

territorio, il profilo delle nostre coste, secondo le proprie volontà e i propri<br />

desideri. Contrattando, appunto, con le amministrazioni locali deroghe,<br />

soppressioni di vincoli, aumento di cubature e quant’altro. E’ questo, in sintesi,<br />

il sogno di ogni speculatore immobiliare. Ed è proprio quello che si sta<br />

materializzando in tante parti del nostro Paese, soprattutto lungo le coste, i<br />

territori più pregiati della nostra penisola. Basti pensare a quanto sta accadendo<br />

nei 150 chilometri di litorale delle province di Taranto e Matera. Si tratta di<br />

una delle più cospicue trasformazioni di un territorio costiero che sia mai<br />

avvenuta in Italia, più consistente della Costa Smeralda, paragonabile piuttosto<br />

alla realizzazione dei grossi insediamenti costieri nell’Alto Adriatico. Decine di<br />

migliaia di nuovi posti letto, centinaia e centinaia di posti barca in porti turistici<br />

nuovi di zecca, e poi discoteche, centri per la talassoterapia, ipermercati, campi<br />

da golf (immancabili!) ed altro ancora. Il tutto spalmato su una stretta fascia di<br />

costa omogenea che un tempo era una zona umida fra le più importanti del<br />

nostro Paese e ora è una striscia di sabbia e dune, protetta da una pineta e da<br />

vincoli comunitari che si stanno rivelando velleitari almeno quanto la nostra<br />

legge Galasso.<br />

Ai pirati del golfo di Taranto è andata, non a caso, una delle dodici<br />

bandiere nere assegnate nel dossier Mare Monstrum di <strong>Legambiente</strong>. La<br />

nomination forse è un po’ generica, ma in questo caso era difficile stabilire<br />

delle priorità o gradi diversi di responsabilità fra gruppi imprenditoriali,<br />

amministratori locali, organi di controllo e quanti altri stanno contribuendo a<br />

cambiare i connotati ad uno dei tratti di costa più significativi del nostro Paese.<br />

A partecipare a questa discutibile impresa urbanistica nella culla della<br />

Magna Grecia sono i principali gruppi imprenditoriali del settore. Sono loro<br />

che stanno ridisegnando l’intero golfo di Taranto costruendo una vera e propria<br />

città lineare che vivrà per qualche settimana all’anno, ospitando centinaia di<br />

migliaia di persone, per poi chiudere i battenti a ogni fine di stagione. Due<br />

accordi di programma siglati con il Ministero del Tesoro per centinaia di<br />

miliardi pubblici sono stati destinati a cofinanziare lo scempio. I sigilli della<br />

magistratura, intanto, hanno già chiuso i cantieri dell’intervento più<br />

significativo perché, neanche a dirlo, le norme in materia di sicurezza del<br />

lavoro non erano rispettate per nulla. Operai in fuga all’arrivo dei Carabinieri,<br />

subappalto utilizzato come norma, in una provincia in cui quasi la metà degli<br />

operai impiegati nell’edilizia lavorano in nero. Tornano, insomma, le<br />

caratteristiche di un fenomeno che poco ha da spartire con i toni pretenziosi e<br />

manageriali di quanti a parole reclamano la necessità di interventi di questa<br />

natura per dare sviluppo a queste regioni, ma nella realtà ne saccheggiano il<br />

territorio, comprano manodopera poco qualificata a buon mercato pagandola<br />

con i soldi pubblici e magari non riescono neppure a portare a compimento<br />

l’intervento.<br />

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